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Green Retail  - Moda e lusso: tracciabilità, DPP ed ESG per filiere pulite
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News A cura di: Nicola Mamo

Moda e lusso: tracciabilità, DPP ed ESG per filiere pulite

Nel comparto moda la tracciabilità di filiera è indicata come strada obbligata per ridurre i rischi di caporalato e garantire standard ESG. Il tema riguarda l’intera catena, dai grandi marchi alle botteghe artigiane.

La moda italiana pesa per il 5% del PIL, genera 75 miliardi di euro di valore aggiunto e 65 miliardi di export. La pressione su legalità e condizioni di lavoro rende necessario assicurare lungo tutta la supply chain il rispetto di normative e principi etici, offrendo ai consumatori una storia autentica di qualità e sostenibilità.

Dove si inceppa la visibilità di filiera

Ogni marchio lavora con centinaia (o migliaia) di fornitori diretti, ciascuno con 2–3 subfornitori talvolta non dichiarati. Oggi il 60–70% dei brand monitora i diretti (fino al 90% tra i più strutturati), ma la trasparenza cala oltre il 1° livello: poche aziende tracciano il , e solo il 6% controlla 3°–4° livello. La supplier collaboration digitale consente di centralizzare dati e documenti, mappare siti produttivi, verificare conformità e ridurre le aree d’ombra.

DPP ed ESPR: cosa cambia tra 2027 e 2030

Il Digital Product Passport previsto dal regolamento ESPR renderà disponibili e certificabili dati su origine, materiali, impatti e fine vita. Le filiere europee dovranno essere conformi fra 2027 e 2030: integrare da subito le logiche del DPP nei sistemi informativi facilita compliance, reporting e comunicazione trasparente verso clienti e retail.

Cosa stanno facendo i brand

Secondo esperienze operative di REMIRA, la tracciabilità sopra il 90% della filiera consente di individuare fornitori non dichiarati e regolarizzare i rapporti, digitalizzando contratti, buste paga e attestazioni. Il risultato è un’accelerazione nell’individuazione delle non conformità e un miglioramento delle condizioni di lavoro, senza penalizzare la produttività. La chiave è la proporzionalità: percorsi graduali per chi parte da contesti più complessi, con obiettivi comuni e strumenti semplici (cloud, workflow documentale, audit digitali).

Un registro terzo dei fornitori: opportunità e limiti

Un ente terzo che gestisca un registro dei fornitori potrebbe aiutare i marchi a selezionare partner qualificati e ridurre rischi operativi e reputazionali. Restano però criticità: disomogeneità normative fra Paesi, protezione dei dati (GDPR), riluttanza a condividere informazioni sensibili e costi di audit per le piccole imprese. Senza una gestione digitale aggiornata e standard chiari, l’efficacia si riduce

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