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News A cura di: Domenico Canzoniero

Black Friday e retail: il 42% degli italiani cerca controllo attraverso lo shopping compulsivo

Oltre i due quinti degli italiani cercano controllo attraverso lo shopping, mentre un terzo acquista per sfuggire a emozioni difficili. Una ricerca svela le dinamiche psicologiche dietro il Black Friday e le promozioni autunnali, sollevando interrogativi sul ruolo del retail nella promozione di comportamenti d'acquisto più consapevoli e sostenibili.

 

Il consumismo compulsivo rappresenta una criticità sociale che il retail fatica ancora ad affrontare con strumenti adeguati. Una ricerca condotta da Unobravo su 1.000 italiani tra i 20 e i 55 anni rivela come le strategie promozionali intensive del periodo autunnale – dal Black Friday agli acquisti pre-natalizi – alimentino dinamiche d'acquisto disfunzionali, con implicazioni che vanno oltre la sfera individuale per toccare aspetti di sostenibilità sociale ed economica.

Le dinamiche emotive degli acquisti promozionali

L'indagine evidenzia come lo shopping durante il periodo delle promozioni autunnali risponda a bisogni che trascendono la razionalità economica. Il 33% del campione identifica l'euforia come emozione predominante pensando al Black Friday, con un picco del 44% tra i 20-24enni. Tuttavia, dietro questo entusiasmo emerge una realtà più complessa: quasi un italiano su tre dichiara di aver fatto acquisti almeno una volta nella vita solo per evitare di affrontare stress, tristezza o conflitti, con le donne che mostrano una maggiore vulnerabilità a questo meccanismo (34% contro 26% degli uomini).

Parallelamente, il 41% del campione si dichiara sopraffatto dalla costante presenza di offerte e promozioni a novembre, evidenziando come l'intensificazione delle strategie commerciali possa generare quello che potremmo definire sovraccarico promozionale con conseguente stress decisionale.

Generazione Z e consumo impulsivo

I giovani tra i 20 e i 34 anni rappresentano il segmento più esposto alle dinamiche d'acquisto impulsivo. Quasi il 60% di questa fascia d'età afferma di aver comprato qualcosa senza pensarci troppo nell'ultimo anno, semplicemente perché era in saldo. Le conseguenze sono misurabili: il 60% dei 20-24enni dichiara di aver sperimentato pentimento per acquisti effettuati durante questi eventi di shopping.

La motivazione principale non è economica ma emotiva: la metà del campione cerca di soddisfare il bisogno di "coccolarsi", percentuale che sale al 62% tra i 20-24enni. Lo shopping viene percepito come forma di compensazione emotiva dal 73% dei 20-24enni e da quasi due terzi dei 25-34enni, indicando una ricerca di sollievo nella sfera del consumo che sostituisce altre forme di benessere più sostenibili.

L'acquisto come illusione di controllo

Uno degli aspetti più rilevanti emersi dalla ricerca riguarda l'uso strumentale dell'acquisto: più dei due quinti dei rispondenti afferma di aver provato la sensazione che l'atto di consumare possa conferire un senso di controllo su altri aspetti della vita. A questo si aggiungono dinamiche sociali significative: un terzo del campione ha acquistato d'istinto, almeno una volta, qualcosa che non poteva permettersi a causa della pressione sociale o dello status associato al possesso dell'oggetto, con percentuali maggiori tra gli uomini (36% contro 30%) e tra i giovani 20-24enni (47%).

Pressione finanziaria e senso di colpa

Nonostante oltre l'80% dei rispondenti affermi di sentire pressione finanziaria nel periodo pre-natalizio, quasi un terzo del campione dichiara di sentirsi in colpa se non compra abbastanza regali o non spende abbastanza durante le feste. Le donne sperimentano questa pressione più degli uomini (33% contro 27%), così come i più giovani (55% dei 20-24enni e 37% dei 25-34enni).

«I risultati mostrano come, per molti – soprattutto tra i più giovani – lo shopping diventi un modo per ritrovare per un momento stabilità o controllo in un periodo di forte stimolazione esterna», spiega la dottoressa Valeria Fiorenza Perris, psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo. «L'acquisto impulsivo o dettato dall'emotività può offrire un sollievo immediato, ma spesso è una risposta a stati interni più complessi come ansia, stress o tristezza. In questo senso, comprare non è solo un gesto economico, ma un modo per regolare l'emotività: un tentativo di ristabilire equilibrio quando le emozioni diventano difficili da gestire».

Il commento: la vulnerabilità emotiva come terreno fertile per il greenwashing

Questi dati rivelano a nostro parere una criticità profonda nella transizione ecologica del retail: se gli acquisti si confermano come strategia per sfuggire a emozioni difficili o riprendere il controllo su aspetti della propria vita, i consumatori diventano particolarmente vulnerabili a messaggi che fanno leva proprio su queste fragilità. E quali messaggi sono più pervasivi oggi se non quelli che evocano la crisi climatica, la catastrofe ambientale alle porte, l'urgenza di "salvare il pianeta"?

È qui che si annida il paradosso del green marketing attuale: chi usa i green claim con disinvoltura trova terreno fertile proprio in consumatori già sotto pressione emotiva, sollecitati da narrazioni catastrofiste che amplificano ansia e senso di colpa, rendendo l'acquisto "green" un gesto consolatorio più che una scelta razionale.

Il meccanismo è insidioso: il consumatore emotivamente fragile, bombardato da messaggi sulla crisi ambientale, cerca nell'acquisto del prodotto con il bollino verde quello stesso senso di controllo e sollievo che la ricerca di Unobravo documenta. Ma questo non produce alcuna transizione ecologica reale – produce solo un ulteriore strato di marketing che sfrutta le debolezze emotive già sotto pressione.

Dalla manipolazione emotiva alla cura scientifica

La strada efficace per la transizione ecologica non passa attraverso l'intensificazione dei claim green che fanno leva sulle ansie dei consumatori, ma attraverso una politica di gestione della domanda radicalmente diversa. Una politica che non sfrutti le fragilità emotive amplificate dal marketing tradizionale, ma si fondi su due pilastri:

Evidenze scientifiche: metriche validate, dati LCA verificabili, metodologie scientifiche che permettano ai consumatori di comprendere gli impatti reali senza essere manipolati da claim parziali o fuorvianti. Non il bollino verde che allevia il senso di colpa, ma l'informazione trasparente che consente scelte informate.

Prendersi cura delle persone: un approccio che riconosca la vulnerabilità emotiva dei consumatori non per sfruttarla ma per proteggerla, orientando le scelte verso ciò che fa bene contemporaneamente alle persone e al pianeta. Questo significa valorizzare prodotti che rispondono a bisogni nutrizionali reali, che sono economicamente accessibili, che riducono genuinamente gli impatti ambientali – non prodotti che semplicemente alleviano l'ansia attraverso un simbolo rassicurante sul packaging.

Il retail possiede strumenti potenti per orientare i comportamenti d'acquisto: assortimento, pricing, layout, comunicazione. La questione è se questi strumenti continueranno a essere utilizzati per amplificare le fragilità emotive dei consumatori attraverso un marketing che mescola pressione promozionale e ansia climatica, oppure se verranno messi al servizio di una transizione autentica che si prende cura tanto del benessere psicologico quanto dell'equilibrio ambientale.

La ricerca di Unobravo evidenzia come il benessere autentico non derivi dall'accumulo né dall'acquisto consolatorio del prodotto "green". In un sistema distributivo che aspira alla sostenibilità sociale oltre che ambientale, questa consapevolezza dovrebbe guidare strategie commerciali che rispettino la fragilità emotiva dei consumatori invece di monetizzarla.


Metodologia: l'indagine è stata condotta da Unobravo in collaborazione con Dynata tramite 1.000 interviste online su un campione rappresentativo della popolazione italiana di età compresa tra 20 e 55 anni, bilanciato per genere, età e area geografica, nel periodo 2-12 ottobre 2025.

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