Il caro energia mette in ginocchio l’industria di trasformazione delle materie plastiche
Rischi su tutta la filiera e impatti rilevanti anche su altri settori: l'allarme di Unionplast.
Unionplast, associazione che, nell'ambito di Confindustria, rappresenta le imprese italiane di trasformazione delle materie plastiche, comparto di grande rilievo nel sistema manifatturiero nazionale, secondo solo alla Germania nel contesto europeo, è molto preoccupata della situazione drammatica causata dal caro energia.
“La crisi dei prezzi dell’energia sta colpendo gravemente anche il settore industriale della trasformazione delle materie plastiche, un comparto fortemente energivoro che conta oltre 5.000 imprese, più di 100.000 addetti ed è di supporto essenziale per altri settori industriali strategici del Paese quali l’alimentare, l’edilizia, la sanità, l’automotive”. È il grido di allarme di Marco Bergaglio, Presidente di Unionplast. A tale shock energetico si uniscono i problemi legati alla carenza delle materie prime, già iniziata lo scorso anno e che ora è intensificata dalla guerra in Ucraina, con impatti purtroppo rilevanti sia sui costi delle stesse che sulla loro disponibilità, anche a causa dei crescenti problemi in tutta la filiera logistica mondiale.
“L'aumento incontrollato dei costi energetici e la crescente difficoltà di reperimento delle materie prime – prosegue Bergaglio – è un mix micidiale per il nostro settore e crea il rischio concreto di non essere in grado di far fronte alle richieste dei nostri clienti, aziende che operano in comparti industriali di forte impatto sul consumatore finale. Questa situazione ha inevitabili conseguenze anche sui prezzi dei nostri prodotti, per non subire pesanti perdite che metterebbero a rischio le imprese del comparto".
Il Gruppo Seipa, realtà con oltre cinquant’anni di esperienza nella gestione dei rifiuti inerti, avvia un progetto concreto di biodiversità ospitando 31 arnie nei propri stabilimenti. L’iniziativa integra attività industriali, cura del territorio e tutela degli impollinatori, trasformando gli spazi produttivi in presidi ambientali.
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