Il primo quotidiano sulla sostenibilità nel retail
Aggiornato a
Green Retail  - Studio Bcg: l’aumento dei prezzi penalizza le proteine alternative: ma il potenziale green è enorme
Information
Innovazione & Ricerca A cura di: Fabrizio Vallari

Studio Bcg: l’aumento dei prezzi penalizza le proteine alternative: ma il potenziale green è enorme

L’aumento dei prezzi fa diminuire la vendita di carne alternativa nel 2022, mentre aumenta quella di carne tradizionale. Forti i prodotti lattiero-caseari a base di proteine non animali, più venduti dei corrispettivi tradizionali.

Le proteine alternative, ovvero quelle di origine non animale, continuano la corsa alla conquista del mercato. Stando al report di BCG “Taking Alternative Proteins Mainstream”, il loro potenziale è innegabile: aumentare la loro quota a livello globale dall'attuale 2% all'8% entro il 2030 potrebbe portare ad una riduzione delle emissioni di Co2 equivalente alla decarbonizzazione del 95% dell'industria aeronautica. Per far crescere a lungo termine questo nuovo settore, però, è fondamentale un approccio incentrato sul consumatore.

Nel 2022 il mercato al dettaglio statunitense delle proteine alternative è cresciuto del 9% e le vendite di prodotti lattiero-caseari alternativi sono aumentate del 12%, crescendo più rapidamente di quelle dei corrispettivi tradizionali (+10%); il latte vegetale refrigerato ha registrato un incremento delle vendite dell'8% e la categoria degli spalmabili, come la margarina alternativa, è cresciuta a due cifre dopo la contrazione del 2021.

Le carni alternative stanno inoltre diventando una presenza fissa nei ristoranti fast-food di tutto il mondo: un canale cruciale perché crea l’opportunità per i consumatori di provare nuovi prodotti, spingendo così gli acquisti al dettaglio. In questo contesto, infatti, sono nate partnership come quella tra McDonald’s e Beyond Meat (adesso interrotta) oppure tra Burger King e Impossible Foods, con l’obiettivo di rendere il 50% del menu della catena food a base vegetale entro il 2030.

Ciò nonostante, dopo le cifre esplosive registrate nel 2019 e nel 2020 (che hanno visto un aumento del 25% delle vendite al dettaglio), le vendite di carne alternativa sono diminuite dello 0,4% nel 2022, contro un aumento dell'8% della carne tradizionale. La decelerazione di questi prodotti green era prevedibile, poiché il 2020 è stato un anno anomalo, con vendite al dettaglio gonfiate dagli effetti del Covid-19. Il calo registrato nell’ultimo anno è dovuto principalmente a una contrazione del 14% dei volumi di carne alternativa refrigerata rispetto all’anno precedente, nonostante questa abbia ottenuto un aumento dei ricavi del 6%, dato l’aumento di prezzo che le aziende hanno effettuato per compensare la diminuzione delle unità vendute.

“L’attuale contesto di mercato, caratterizzato da aumento dei prezzi e inflazione dei costi ha rallentato la crescita delle vendite al dettaglio di carni alternative, perché non tutti i consumatori sono disposti a pagare un sovrapprezzo per questo tipo di prodotti - spiega Lamberto Biscarini, Managing Director e Senior Partner di BCG. Anche le preoccupazioni relative al prodotto rimangono al centro dell'attenzione dei consumatori, secondo cui c’è ancora margine di miglioramento su aspetti come gusto e consistenza. Per ottenere un’adozione su larga scala, l’industria dovrà lavorare su queste dimensioni e cercare di raggiungere la parità con la carne tradizionale”.

L’innovazione è dunque necessaria, soprattutto perché, stando ai risultati, i vantaggi che i prodotti a base di carne alternativa offrono già oggi non sono sempre apprezzati dai consumatori: nel prendere decisioni sul cibo, solo il 20% di questi basa le proprie scelte d'acquisto su temi di sostenibilità, mentre il 60%, ovvero il segmento mainstream, pur preoccupandosi della sostenibilità della filiera alimentare, è influenzato da altre esigenze. Si tratta di elemento rilevante per poter portare il consumo di proteine green su ampia scala.

Da una ricerca BCG e Blue Horizon basata su dati di social listening di Instagram raccolti su oltre 300 consumatori statunitensi, è emerso che i criteri principali per l'acquisto di proteine alternative sono il gusto e il valore nutrizionale. I dati hanno mostrato come le associazioni spontanee nei consumatori tra le parole legate al gusto e alla salute con la carne alternativa, siano diminuite rispettivamente del 5% e del 3% dal 2021 al 2022. Ci sono quindi degli ostacoli di percezione nei consumatori, su cui le aziende possono lavorare ottimizzando la comunicazione.

Attraverso i principi della scienza comportamentale, BCG ha individuato quattro azioni da attuare: le prime due possono essere implementate rapidamente da tutte le aziende, mentre le altre due dipendono dall’occasione d’uso dei prodotti.

- Limitare le diciture “vegano” e “vegetariano” sulle confezioni, perché possono creare una barriera psicologica nei consumatori tradizionali. È consigliabile sostituirle con “non contiene derivati animali” o “adatto a una dieta vegana”: in questo modo il prodotto continuerà a essere informativo senza dissuadere gli onnivori.

- Accanto alla dicitura “a base vegetale” è utile specificare la fonte proteica del prodotto, per generare familiarità nei consumatori, superando l’idea che le carni alternative siano eccessivamente lavorate o artificiali.

- Dare spazio sulla confezione al lato sensoriale della carne alternativa: come avviene per i prodotti tradizionali, le aziende dovrebbero comunicare ai consumatori gli aspetti positivi legati al sapore e alla consistenza dei prodotti , utilizzando, ad esempio, termini quali “saporito” o “arrostito a fuoco lento”. I marchi possono anche combinare questo linguaggio con immagini vivaci e allettanti. Questa soluzione è particolarmente importante quando ci si rivolge a occasioni di consumo in cui la desiderabilità è l’esigenza principale dei consumatori.

- Quando si commercializza un prodotto che ha un profilo nutrizionale desiderabile e che si rivolge a un’occasione salutistica, enfatizzare sul packaging i benefici per la salute può avere sui consumatori una certa risonanza.

Solo il 56% dei 25 marchi di carne alternativa più famosi, applica almeno 2 di questi 4 principi e, non a caso, il tasso di crescita di questi brand dal 2019 è 6 volte superiore a quello delle aziende concorrenti che non li hanno ancora implementati.

Lo studio di BCG indica poi altre azioni concrete che le aziende possono compiere per costruire quote di mercato a lungo termine. In primis è necessario comprendere chi sono i consumatori mainstream e di cosa hanno bisogno nelle varie occasioni d’uso del prodotto, ma anche innovare i prodotti a base di proteine alternative per migliorarne gusto, consistenza e prezzo.

Diventa necessario quindi, eseguire test che permettano di simulare il comportamento dei consumatori nel mondo reale e adottare un approccio di apprendimento continuo, affinando sia i prodotti che la comunicazione legata a essi. I prodotti lattiero-caseari alternativi hanno dimostrato che il passaggio al mainstream è possibile: anche per il settore della carne alternativa è ora di cogliere quest’opportunità.

       
    Il sito Green Retail  - Studio Bcg: l’aumento dei prezzi penalizza le proteine alternative: ma il potenziale green è enorme