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Green Retail  - "Il green marketing è finito. È ora di cambiare"  - Intervista a Paolo Iabichino
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Human&Green Retail Forum 2025 A cura di: Domenico Canzoniero

"Il green marketing è finito. È ora di cambiare" - Intervista a Paolo Iabichino

Green claim su 84,2% dei prodotti, zero riduzione dell'impronta ambientale reale. Consumatori bombardati da richieste di "salvare il pianeta" attraverso gli acquisti mentre i sistemi restano invariati. Paolo Iabichino, creativo pubblicitario che ha firmato "Consumi o Scegli?" per Altromercato, demolisce il green marketing tradizionale e delinea una strada radicale: la distribuzione deve smettere di scaricare responsabilità sui cittadini e diventare protagonista attiva della transizione ecologica.

 

Domenico Canzoniero: Paolo innanzitutto grazie per questa opportunità e complimenti per il tuo lavoro, un unicum nel panorama italiano della comunicazione. 
Ma veniamo ai numeri che inquadrano il contesto di cui vorrei parlare: l'84,2% della spesa degli italiani va a prodotti con green claim sul packaging (dato Osservatorio Immagino 2024 - GS1), ma l'Agenzia Europea per l'Ambiente conferma che non si registrano riduzioni reali dell'impronta ambientale dei consumi. Questo dispositivo green sembra inefficace, inadeguato allo scopo. Si fa qualcosa per stare dalla parte della soluzione, ma non si danno strumenti concreti ai cittadini per fare davvero la differenza.

Paolo Iabichino: Domenico, se tutto quello che dichiariamo sui nostri packaging corrispondesse a verità, non avremmo avuto bisogno di una normativa europea per regolamentare i green claims. Il greenwashing tra qualche anno sarà lettera morta. Chiunque parlerà ancora di green marketing sarà anacronistico.

Ti faccio un esempio concreto: nel 2024 vengo chiamato da una multinazionale delle merendine con un budget stratosferico per fare la grande campagna sostenibilità perché sono passati alle confezioni di cartone. Volevano fare la campagna muscolare, bold, salvifica. Io gli ho detto: "Ma perché non facciamo come Innocent che nel 2014, quando è passato al PET riciclato, ha semplicemente scritto 'Scusate il ritardo'?"

Io non me la prendo con le aziende impegnate nella sostenibilità - molte sono mie clienti. Me la prendo con l'ipernarrazione del green marketing che non corrisponde mai a una reale presa di posizione radicale.

L'eccezione Altromercato: quando l'autenticità giustifica la provocazione

Canzoniero: Questo ci porta alla tua campagna "Consumi o Scegli?" per Altromercato. In un momento in cui i consumatori sono già sotto pressione, non è paradossale che proprio chi fa scelte etiche si ritrovi a spendere di più senza certezza di generare impatto significativo? Non è troppo aggressivo chiedere ai cittadini questo ulteriore sforzo?

Iabichino: Se avessi dovuto scrivere la stessa campagna per una qualsiasi catena di retail, non avrei mai scritto "Consumi o Scegli". Avrei responsabilizzato in maniera più severa la catena distributiva.

Ma avendo tra le mani Altromercato - una realtà che milita da 30 anni per mettere sul mercato prodotti da filiere controllate, aprendo e chiudendo negozi, battendosi, offrendo ingredientistica da filiere certificate anche a grandi player  - potevo permettermi quella provocazione.

Altromercato l'assunzione di responsabilità ce l'ha già da 30 anni. Il vulnus che avevo in quel momento era competere narrativamente con il frastuono assordante del green marketing che quasi mai corrisponde a impegno reale.

"Consumi o Scegli" non è una campagna pubblicitaria. È un riposizionamento del brand che è diventato una piattaforma di comunicazione integrata: packaging, podcast, eventi, reportage, documentari che ti fanno vedere come vanno in Nicaragua nelle coltivazioni, come trattano le comunità. Quali dei nostri brand si comportano così?

La distribuzione deve guidare, non scaricare responsabilità

Canzoniero: Quindi anche per te la soluzione non può essere continuare a chiedere ai consumatori di salvare il pianeta. La nostra proposta come Human&Green Retail Forum è che la distribuzione usi il suo potere per aiutare le persone a fare una spesa a minore impronta ambientale e a maggior equilibrio nutrizionale, utilizzando la dieta mediterranea come framework scientifico e culturale.

Iabichino: Ma che Dio vi benedica! È esattamente questo. Sai qual è il problema? La grande distribuzione ha sputtanato completamente il mondo delle filiere, ma continua a giocare secondo le logiche competitive di una vecchia scuola: profitto, crescita, sviluppo, offerta promozionale, tessere di fidelizzazione, riacquisto ossessivo. È un treno a fine corsa, perché abbiamo esaurito le risorse.

Ma come facciamo a generare cambiamento se non mettiamo la patente di responsabilità anche ai consumatori? Il convitato di pietra a questo tavolo è la politica, completamente assente. Non posso chiedere a un consumatore di fare attenzione agli acquisti con gli stipendi bloccati e un sistema inflativo come quello attuale.

Però la distribuzione ha strumenti che noi nemmeno immaginiamo. 

Canzoniero: Infatti! È di questo che parliamo: usare tutte le leve che la distribuzione ha a disposizione per orientare gli acquisti verso le categorie di prodotto a minore impronta ambientale: il volantino, il visual merchandising, la comunicazione in-store, la selezione dei prodotti… 

Iabichino: E perché non posso andare a fare la spesa e leggere nello scontrino l'impronta di CO2 che quella spesa sta generando come fanno le compagnie aeree? "Guarda che la prossima volta puoi ridurre il tuo impatto se rinunci a questo, questo e questo." 

Proposte concrete: dai punti sostenibilità alla dieta mediterranea

Canzoniero: Ecco. Questa è una proposta operativa concreta che potrebbe aiutare a trasformare l'approccio alla sostenibilità nel retail…

Iabichino: Esatto! Perché non facciamo un programma fedeltà basato su questo? Anziché dare i punti fedeltà per la bambola gonfiabile, diamo punti per chi riduce l'impronta carbonica della spesa!

E ora che le insegne hanno le private label, potrebbero giocarsi davvero la partita della sostenibilità. Non solo con green claims diversi da quelli delle aziende industriali, ma con scelte produttive concrete. Abbiamo bisogno di creatività, di idee per fare in modo che l'impatto venga generato realmente e non solo raccontato nei manifesti pubblicitari.

Te lo immagini un grande progetto scuole portato avanti dalle nostre principali insegne di distribuzione? Un progetto dedicato alle famiglie dove questi temi non ce li giochiamo a scaffale - perché giocarseli a scaffale vuol dire ancora entrare in logica competitiva - ma li agiamo per generare davvero quell'impatto di cui abbiamo bisogno. È maledettamente urgente.

Il futuro: tra alleanze necessarie e resistenza

Canzoniero: Questo richiede un cambio di paradigma anche nelle dinamiche competitive del settore che purtroppo dominano le strategie e impediscono un’azione corale di settore sui grandi temi.

Iabichino: Proprio così. Manca completamente una radice di alleanza nella grande distribuzione. Se 10 multiutility si mettono dentro il Banco dell'Energia, perché la GDO deve continuare a competere a cannonate su temi che riguardano tutti, le comunità, l'ambiente?

Tra qualche anno la grande distribuzione sarà vista come Amazon, come Google: i grandi distruttori delle economie. Le grandi catene diventeranno come le sigarette, come le compagnie aeree nel giudizio pubblico. Non è che io sia contento di questa prospettiva, ma è quello che sta succedendo.

La nuova generazione ha già deciso

Canzoniero: E i consumatori del futuro come si stanno posizionando rispetto a questi temi?

Iabichino: Ho fatto un esercizio straordinario con i ragazzi della Scuola Holden. Nel 2020 abbiamo riscritto il Cluetrain Manifesto - mancavano 30 anni al 2050, data in cui collasseranno i primi ecosistemi. Sai qual è la prima tesi che hanno scritto questi ragazzi tra i 19 e 23 anni? "L'ecosostenibilità è un prerequisito per stare sul mercato."

Questi ragazzi danno la sostenibilità come prerequisito per esistere sul mercato. Il green marketing è già morto nella loro percezione.

Resistenza e cambiamento: l'unica strada possibile

Canzoniero: Quindi la comunicazione deve evolversi verso un approccio completamente diverso e la passione con cui tratti questi temi fa di te un esempio per chi oggi fa questo lavoro.

Iabichino: Sono solo preoccupato, Domenico. Da quando abito questo pianeta non sono mai stato fermo davanti alle ingiustizie. L'unica arma che ho è il mio scrivere. Sto scrivendo un libro su questo - "Parole che servono" - perché in questo momento le parole sono l'arma più importante per ribaltare i bias e costruire immaginari migliori.

È un mondo rotto, e non possiamo lasciare nulla di intentato. O ridefiniamo le logiche capitalistiche o innestiamo qualcosa sulle ceneri del neoliberismo. Il consumo può diventare una scelta civica, ma serve un approccio sistemico.

Altromercato è una battaglia di resistenza. È come se stessimo costruendo trincee per impedire che tutto vada a rotoli. E funziona: grandi multinazionali del cacao stanno comprando il nostro cacao per i propri prodotti. Non è green marketing, è business concreto con impatto reale nelle comunità del Nicaragua.

Metto le mie parole al servizio di chi ha voglia di cambiare il mondo. Altromercato è una realtà che questa cosa la sta facendo.

Verso un retail che si prende cura

Il dialogo con Paolo Iabichino delinea una strada chiara per la distribuzione moderna che vuole guidare la transizione umano-ecologica: superare definitivamente la logica della responsabilizzazione individuale per abbracciare un ruolo di guida e di aiuto alle persone per fare una spesa migliore per davvero.

Non più "salva il pianeta con i tuoi acquisti", ma fornire aiuti concreti per fare scelte migliori sul piano ambientale, nutrizionale, sociale, umano. Non c’è bisogno di più green claim sul packaging ma di una misurazione reale degli impatti e di una guidance sistemica.

La distribuzione moderna ha il potere di trasformare questo settore. Come dice Iabichino: "È maledettamente urgente, e abbiamo bisogno di creatività per generare impatto reale, non solo raccontarlo."

Un retail che si prende cura non solo dei profitti, ma delle persone e del pianeta. Un retail che trasforma l'urgenza climatica in opportunità di business autentico.

       
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