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Innovazione & Ricerca A cura di: Fabrizio Vallari

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Colpa dell’effetto Dunning-Kruger, come spiegano le neuroscienze.

 

A cura di Lorenzo Dornetti (nella foto), neuroscienziato.

Siamo diventati tutti “internettologi“, come ha stigmatizzato qualche anno fa Francesco Gabbani in una celebre canzone. Siamo tutti esperti di qualcosa in base al trend topic del momento. Tutti con la fretta di dire la nostra via smartphone, come se avessimo approfondito quel tema per anni fino a quel momento. Intendiamoci, la questione non ha nulla a che vedere con la libertà d’espressione e nemmeno vogliamo addentrarci nelle recenti polemiche sugli esperti, reali o presunti, invitati nei salotti TV. Da psicologo e neuroscienziato mi interessa di più capire un fenomeno diffuso per il quale, sui social ma non solo, un gran numero di persone si senta effettivamente competente dei più disparati argomenti pur non essendolo. Queste persone parlano e scrivono avendo la percezione interiore di aver capito e di poter esprimere un giudizio fondato. In psicologia si chiama di effetto Dunning-Kruger, in onore dei due psicologi che hanno studiato il fenomeno. Accade questo in sostanza: individui poco esperti in un determinato campo sopravvalutano le proprie abilità e finiscono con il ritenersi competenti e sono sinceramente convinti di saperne più della media. Questa irrazionale percezione di sé è alla base del bisogno compulsivo di commentare.

Si genera così un effetto paradossale: persone con una ridotta esperienza in un’area hanno la sensazione di aver capito e commentano con toni e modalità che rivelano la convinzione di essere depositari del sapere. Persone molto competenti, con una forte esperienza in quello specifico settore ne abbracciano la complessità e comprendono che ogni giudizio merita approfondimenti ed è probabilistico. Questo approccio non si adatta alla sintesi richiesta dai tweet o dalle stories e quindi, le persone più competenti usano sui social in misura minore per commentare, mentre chi ha una conoscenza superficiale trova proprio nei social lo spazio perfetto per esprimersi. Questo determina uno squilibrio e un impoverimento dell’informazione corretta nello spazio, dove dati alla mano, si informa la maggior parte degli italiani adulti.

Le ragioni di questa distorsione della percezione, secondo la psicologia, sono sostanzialmente due. Da un lato aumenta l’autostima perché sentirsi competenti piace, anche quando non lo si è davvero. Dall’altro dipende dall’assenza di feedback. Gli esperti di un argomento hanno sostenuto contraddittori ed esami e questo ha significato ricevere feedback che li hanno indotti a migliorarsi, sviluppando così una maggiore consapevolezza di sé. Chi non studia (nel senso ampio del termine), non ha modo di confrontarsi e si fida della propria sapienza intuitiva, con il risultato che bastano le prime righe di Wikipedia per avere la sensazione di aver compreso anche temi complessi.

L’effetto Dunning-Kruger non è certo una novità dei nostri giorni, ma sicuramente è potenziato nella nostra epoca ipertecnologica che offre un’ampia facilità di accesso all’informazione. Pensiamo solo alle opportunità che offre a chiunque una ricerca su Google. Questa opportunità è straordinaria, ma si dimentica che si tratta di sintesi, spesso semplificate e redatte in forma divulgativa. La disponibilità dell’informazione potenzia l’effetto Dunning-Kruger, accelerando la sensazione di sentirsi esperti in un istante. L’azione di commento sui social è l’immediata conseguenza di questo processo mentale automatico.

Nel nostro NEUROVENDITA Lab, il laboratorio di neuroscienze dove studiamo come funziona il cervello nell’atto d’acquisto, abbiamo avuto dimostrazione di quanto pubblicato da Muller nel 2021 sul Journal of Neuroscience: di fronte a un prodotto le persone si distinguono in due categorie, i sovra-estimatori (chi ne sa poco, ma è sotto effetto “Dunning-Kruger”) ed i sotto-estimatori (i veri competenti). I 2 gruppi mostrano un diverso pattern di onde cerebrali. Chi si sovrastima mostra un’attivazione cerebrale precoce (FN400), mentre chi si sottostima, chi ne sa davvero, attiva un’onda più tardiva (PLC). Il cervello di chi è esperto ha bisogno di più tempo per recuperare ricordi ed informazioni. A domanda diretta solo il 30% di sotto-estimatori, ovvero di quelle persone che attivavano il cervello in maniera lenta e che conoscevano in profondità il prodotto in questione, si rendevano disponibili a scrivere pubblicamente il loro parere sui social. Tra i sovra-estimatori, poco competenti, con un’attivazione cerebrale immediata, oltre l’80% era aperto a comunicare il proprio punto di vista.

Le neuroscienze stanno studiando i correlati neurali dell’effetto Dunning-Kruger, oggi così potente nell’era social e dell’informazione accessibile. Socrate, il padre della cultura occidentale, diceva “so di non sapere”, prevedere questo commento tra quelli automatici insieme agli emoticon, sarebbe utile.

Laureato in Neuroscienze all’Università Vita Salute San Raffaele di Milano, Lorenzo Dornetti pubblica la propria tesi sulla rivista internazionale “Journal of Personality and Mental Health”. Iscritto all’albo degli psicologi della Lombardia è direttore del più grande laboratorio di neuroscienze privato in Italia, il NEUROVENDITA Lab. Neurovendita è un campo di ricerca applicata che lega le più recenti scoperte sul funzionamento cerebrale al campo del marketing e delle vendite. Dornetti grazie al suo team collabora con il 23% dei top brand mondiali, secondo la classifica Forbes 2020. La chiave di lettura delle neuroscienze consente una lettura differente ed una previsione accurata di fenomeni economici, finanziari e di business, analizzando le dinamiche cerebrali alla base delle decisioni d’acquisto.

       
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