Il primo quotidiano sulla sostenibilità nel retail
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Green Retail  - Retail Sostenibile: aiutare le persone a fare una spesa a minore impronta carbonica e a maggiore equilibrio nutrizionale
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Human&Green Retail Forum 2025 A cura di: Domenico Canzoniero

Retail Sostenibile: aiutare le persone a fare una spesa a minore impronta carbonica e a maggiore equilibrio nutrizionale

Il prossimo Human&Green Retail Forum sarà l'occasione per porre alla business community due domande fondamentali per il futuro della distribuzione e per scoprire il ruolo che questa può svolgere nella transizione umano ecologica adottando i principi della dieta mediterranea.

Quando parliamo di sostenibilità nella distribuzione moderna, due domande si impongono con crescente urgenza.
La prima, più immediata, riguarda lo stato dell'arte: dove siamo arrivati con la sostenibilità nel retail? 

La seconda, più ampia e ricca di implicazioni future, concerne il ruolo stesso della distribuzione: qual è la responsabilità del retail nella transizione ecologica e sociale, in una prospettiva sistemica che è l’unica possibile quando parliamo di sostenibilità?

Questa seconda domanda ci invita ad adottare una visione più ampia, ispirata dal modello dell'economia della ciambella di Kate Raworth che cerca un equilibrio tra i limiti planetari e i bisogni fondamentali dell'umanità. In questa cornice concettuale, la distribuzione moderna occupa una posizione strategica come punto di connessione tra produzione e consumo, con un potenziale trasformativo ancora largamente inespresso.

 

Lo stato dell'arte: contraddizioni di un green apparente

A prima vista, i numeri suggerirebbero un settore già fortemente orientato alla sostenibilità. L'Osservatorio Immagino 2024 rileva che l'84,2% della spesa degli italiani va a prodotti con green claim sul pack. Le ricerche di mercato confermano che i consumatori sono disposti a spendere fino al 20% in più per prodotti sostenibili. ADM, nel recente Marca 2025, ha rilanciato il ruolo guida della Private Label nella transizione della filiera agroalimentare.

Un quadro apparentemente positivo, che risalta ancora di più in un contesto in cui il greenhushing è in crescita e molti settori economici frenano sui propri impegni ambientali. Persino l'Unione Europea sembra riconsiderare le ambizioni del Green Deal con la nuova "Bussola della Competitività" e il "pacchetto omnibus" che modifica normative fondamentali come CSRD e CSDDD (ma non impatto più di tanto sul retail come abbiamo già scritto qui .

Ma questa narrazione positiva nasconde profonde contraddizioni. Se analizziamo la natura dei green claim, scopriamo che il 70% fa riferimento al packaging e alla filiera del riciclo – sicuramente ambiti in cui l'Italia eccelle, ma che rappresentano solo una frazione dell'impatto ambientale complessivo. Parallelamente, solo l'1,6% dei prodotti in GDO (per un valore di vendita superiore al 3%) utilizza metodologie LCA per misurazioni scientifiche degli impatti ambientali.

Il risultato è che, nonostante la proliferazione del "verde" sugli scaffali, non esistono misure che testimoniano una riduzione dell'impronta dei nostri consumi. Al contrario, secondo i dati del JRC (Joint Research Center), il 50% delle nostre emissioni sono attribuibili ai consumi alimentari.

 

Oltre la superficie: la sfida delle emissioni Scope 3

Per comprendere il vero potenziale trasformativo della distribuzione moderna dobbiamo guardare oltre le operazioni dirette dei punti vendita e considerare l'intera catena del valore. Le emissioni Scope 3 – quelle non direttamente connesse alle attività proprie del retailer ma generate a monte (dai fornitori) e a valle (dai consumatori) – rappresentano circa il 95% dell'impronta carbonica complessiva della distribuzione.

Questo significa che, per quanto virtuoso possa essere un supermercato nell'installare pannelli fotovoltaici o nell'utilizzare packaging sostenibile, l'impatto maggiore si genera nelle fasi di produzione agricola, trasformazione industriale, trasporto e soprattutto nelle scelte alimentari dei cittadini. Ed è proprio qui che si manifesta la vera responsabilità sistemica del retail.

 

Il retail come nodo centrale di un sistema alimentare sostenibile

Se è vero che il 70% delle scelte di consumo avviene davanti allo scaffale del supermercato, se è vero che la Marca del Distributore e le dinamiche di mercato hanno già reso la distribuzione il leader della filiera agroalimentare, allora il retail non è (più) solo un intermediario commerciale, ma diventa il nodo centrale che può orientare sia la produzione che il consumo.

In una prospettiva sistemica, l’unica che si possa adottare in tema di sostenibilità, la distribuzione moderna ha la responsabilità di operare nello spazio sicuro ed equo tra:

- Il limite interno dell'equità sociale (accessibilità economica, qualità nutrizionale, rispetto dei diritti)

- Il limite esterno dei confini planetari (emissioni, biodiversità, uso delle risorse)

La Dieta Mediterranea si configura in questo contesto come una bussola fondamentale per orientare l'azione del retail verso un sistema alimentare più sostenibile. Il suo modello alimentare, riconosciuto dall'UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell'umanità, rappresenta un esempio concreto di equilibrio tra salute umana, tradizione culturale e impatto ambientale ridotto. 

Il sistema Dieta Mediterranea integra tre dimensioni chiave che corrispondono perfettamente alla duplice responsabilità del retail:

- Dimensione nutrizionale: prevalenza di alimenti di origine vegetale, cereali integrali, legumi, frutta e verdura di stagione

- Dimensione ambientale: minor uso di risorse e minori emissioni rispetto a diete ricche di proteine animali, rigenerazione del terreno, valorizzazione della biodiversità 

- Dimensione economica: accessibilità e convenienza per le famiglie, valorizzazione di prodotti semplici e poco trasformati

 

Il retail ha quindi la responsabilità di aiutare i cittadini a fare una spesa a minore intensità carbonica e a maggior equilibrio nutrizionale, seguendo i principi della Dieta Mediterranea, creando al contempo opportunità di risparmio e convenienza.

 

Da intermediario a facilitatore del cambiamento

Con l'entrata in vigore del D.lgs 125/2024 che recepisce la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), la distribuzione moderna si trova di fronte a un cambio di paradigma che va ben oltre il semplice reporting. Per la prima volta, un framework normativo richiede di valutare non solo gli impatti ambientali ma anche quelli sulla salute pubblica, istituzionalizzando il concetto di doppia materialità.

Questo nuovo contesto che non viene modificato nella sostanza dalle novità del “pacchetto omnibus" presentato a fine febbraio dalla Commissione Europea, spinge la distribuzione moderna a ripensare profondamente il proprio ruolo, evolvendo in facilitatore attivo di scelte alimentari sostenibili e salutari. Un ruolo complesso che richiede di bilanciare molteplici obiettivi:

- Rendere accessibili prodotti di qualità senza compromettere la sostenibilità economica

- Valorizzare le produzioni locali preservando l'efficienza logistica

- Promuovere la stagionalità e i principi della Dieta Mediterranea

- Ridurre la presenza di alimenti ultra-processati mantenendo la convenienza

 

Pionieri del cambiamento: dalle dichiarazioni all'impatto

Il mercato sta già mostrando segnali di cambiamento. L'impegno di Lidl a incrementare del 20% la vendita di frutta, verdura e proteine vegetali entro il 2030, in collaborazione con il WWF e in tutti i 31 Paesi in cui opera, è un esempio concreto di come la responsabilità del retail vada oltre il semplice assortimento per toccare la composizione stessa della spesa dei cittadini. Questo approccio si allinea ai principi della Dieta Mediterranea e alla Planet Health Diet, mostrando come le insegne possano assumere un ruolo attivo nel promuovere modelli di consumo più sostenibili, salutari ed economicamente accessibili.

Carrefour ha lanciato il "Food Transition Pact", impegnandosi a ridurre del 30% l'impronta carbonica dei prodotti venduti entro il 2030. Albert Heijn nei Paesi Bassi ha introdotto il "Better for" program, che ha aumentato dal 42.6% al 44.1% le vendite di alimenti a base vegetale in due anni, con l'obiettivo di arrivare al 60% di proteine vegetali vendute entro il 2030.

 

La MDD come laboratorio di innovazione sostenibile

In questo scenario, la Marca del Distributore può evolversi da strumento competitivo a vera piattaforma di innovazione sostenibile. Con una quota del 31% in Italia (contro una media europea del 35%) e un fatturato di 26 miliardi di euro, la MDD ha un potenziale di crescita che può realizzarsi secondo nuovi paradigmi di sostenibilità misurabile e responsabilità sociale.

Questa evoluzione si declina attraverso:

- La differenziazione territoriale dell'offerta, valorizzando le specificità locali e accorciando le filiere

- L'innovazione di prodotto orientata alla sostenibilità, con particolare attenzione alla qualità nutrizionale e ai principi della Dieta Mediterranea

- L'educazione alimentare del consumatore, utilizzando il punto vendita come touchpoint informativo

- La promozione di modelli di consumo rigenerativi, che vadano oltre la semplice riduzione degli impatti

 

Verso un retail realmente rigenerativo

La vera trasformazione del retail passa per un cambio di narrazione: non più attore di un sistema economico estrattivo che consuma risorse finite, ma promotore di un'economia rigenerativa che rigenera ecosistemi e comunità. Questo richiede coraggio e visione, ma soprattutto la consapevolezza che non esiste più un "business as usual" in un pianeta che ha superato numerosi limiti ecologici.

La sfida più grande consiste nel superare l'approccio del "facciamo qualcosa di green" – che spesso rischia di tradursi in vero greenwashing – per abbracciare una vera leadership nella transizione ecologica, basata su:

1. Misurazione scientifica degli impatti, con l'adozione diffusa dell'approccio LCA

2. Integrazione dei principi della Dieta Mediterranea nella composizione dell'assortimento e nelle strategie promozionali

3. Trasparenza e accountability, con rendicontazione basata sulla doppia materialità

4. Coinvolgimento attivo dei consumatori nel percorso di transizione

 

Le sfide future e il ruolo di GreenRetail

Nel corso del 2025, sulle pagine di GreenRetail News e Green Retail Magazine, approfondiremo questi temi critici attraverso analisi, casi studio e confronti con gli stakeholder del settore. In particolare:

- L'implementazione pratica dell'approccio LCA nella MDD

- Lo sviluppo di metriche per la valutazione dell'impatto nutrizionale

- L'evoluzione dei format distributivi in chiave sostenibile

- L'integrazione dei principi della Dieta Mediterranea nelle strategie commerciali

- Le best practice nella transizione ecologica del retail


Questo percorso di approfondimento e confronto troverà un momento di sintesi nello Human & Green Retail Forum del 15 ottobre 2025, dove il settore potrà valutare i primi risultati e delineare i prossimi passi di una transizione che vede la distribuzione moderna come protagonista attiva del cambiamento verso un sistema alimentare più sostenibile, salutare ed equo.

       
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