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Ricerca BVA Doxa: gli impatti della diffusione del Covid-19 sulle aziende italiane
Per il 76% delle aziende italiane la pandemia sta avendo ripercussioni negative sul business.
È il dato più allarmante che scaturisce dalla ricerca realizzata da BVA Doxa sugli effetti della diffusione del Coronavirus - e delle relative misure implementate per contenere il contagio - sul business delle imprese nazionali.
Il 76% delle aziende italiane segnala che l’emergenza legata alla diffusione del Covid-19 sta avendo impatti negativi immediati sull’andamento della propria attività, mentre un’azienda su cinque prevede di riscontrare i primi effetti a partire dai prossimi mesi. Per due aziende su tre l’emergenza influirà negativamente sul business nazionale, mentre ancora incerti rimangono gli effetti sull’export. Gli investimenti subiranno ridimensionamenti, in particolare quelli rivolti alle attività di marketing. Nonostante la circostanza in cui è stato introdotto, lo smart working è stato particolarmente apprezzato dalle aziende italiane e per due su cinque proseguirà anche ad emergenza finita. È questo il quadro in sintesi delineato dalla ricerca diffusa da BVA Doxa alla fine del marzo scorso sugli effetti della diffusione del Coronavirus - e delle relative misure implementate per contenere il contagio - sul business delle aziende italiane (campione di 301 aziende, periodo 9-16 marzo 2020, metodologia CAWI).
Con il protrarsi dell’emergenza legata alla diffusione del Covid-19 in Italia, cresce la preoccupazione delle aziende che devono affrontare gli effetti della pandemia sul loro business e mettere in campo tutte le strategie possibili per preservare la sostenibilità economica nel lungo termine.
Gli effetti fin dal primo momento. Secondo la maggior parte delle aziende intervistate, l’impatto sul business della diffusione del Covid-19 è stato immediato, mentre un’azienda su cinque attende effetti a partire dai prossimi mesi (19% del campione). Gli effetti stimati sono rilevanti in ugual misura sia per le aziende di dimensioni più piccole (quelle con meno di 50 dipendenti), che quelle più grandi, con oltre mille dipendenti.
Domanda interna sfavorevole, ancora incerto l’export. La ricaduta immediata è soprattutto sulla domanda interna di prodotti e servizi: per 2 aziende su 3 l’emergenza influirà negativamente sulla domanda di prodotti e servizi a livello nazionale mentre quasi la metà, il 45%, ritiene che dovrà affrontare un calo particolarmente significativo, del 10%. Più incerte rimangono invece le prospettive sulla domanda di prodotti e servizi sui mercati internazionali: il 34% non sa ancora esprimersi sui futuri scenari, anche se c’è già un 43% delle aziende che dichiara di osservare ripercussioni negative anche sul fronte dell’export. In generale, ad esprimere maggiori preoccupazioni sono soprattutto i piccoli imprenditori: per il 77% delle PMI si verificheranno importanti diminuzioni della domanda domestica, mentre per il 56% di quella oltre confine.
Gli investimenti. Se per una buona parte delle aziende si prevede un impatto significativo sugli investimenti, con tagli in particolare sui piani di marketing, un’azienda su quattro dichiara invece che incrementerà le attività di comunicazione, mentre il 41% sfrutterà il momentum per mantenere od aumentare la propria presenza sui media attraverso il potenziamento del budget destinato all’advertising. Ad essere penalizzate saranno anche le attività di sviluppo commerciale, quelle legate al lancio di nuovi prodotti/servizi ed alla ricerca e sviluppo.
Lo smart working funziona. Costrette a dover attuare politiche di lavoro agile per rispettare le disposizioni governative per limitare il contagio, il 73% delle aziende hanno introdotto lo smart working in maniera “massiva”, ovvero applicato al maggior numero di persone in organico. Sono soprattutto le multinazionali straniere con una sede in Italia ad aver attivato le politiche di lavoro agile: il 90% è già in smart working. Il 17% delle aziende intervistate adotta invece lo smart working in misura contenuta (circoscritto ad alcune aree/funzioni aziendali), mentre soltanto il 10% ne fa un uso marginale, riservandolo soltanto ad alcune figure professionali. Le aziende italiane hanno quindi scoperto che lo smart working funziona: ben il 90% esprime un giudizio favorevole in termini di efficienza e gestione ottimale dell’attività lavorativa. Non solo: per due aziende su cinque - in particolare quelle attive nei settori finance, utilities e TLC - i cambiamenti organizzativi introdotti in questo periodo saranno continuativi anche ad emergenza finita. Una pratica che è stata dunque particolarmente apprezzata e che, malgrado le circostanze in cui è stata introdotta, è destinata a durare nel tempo.
Le prospettive. La maggior parte delle aziende, il 67% del campione, esprime timori che la situazione avrà ripercussioni particolarmente consistenti per un lungo periodo di tempo. Un terzo delle aziende è invece più ottimista e ritiene che la crisi possa risolversi nell’arco di qualche mese.