Nicola Mamo
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Epigenetica del benessere: biologia, ambiente e scelte di vita
Martedì 27 maggio, nella Sala Misom di Fondazione UNIMI, si è svolto il secondo incontro del Comitato Scientifico PLEF del 2025. Protagonisti della serata due Valentina Bollati, professoressa di Medicina del Lavoro, ed Elia Biganzoli, docente di Statistica Medica e membro del Comitato scientifico PLEF.
Al centro dell’incontro, una riflessione ampia e articolata sul concetto di salute come espressione complessa e dinamica del rapporto tra individuo e ambiente.
L’idea da cui partono Bollati e Biganzoli è che la salute non sia una condizione statica né un dato acquisito, ma piuttosto un processo: un equilibrio in divenire che dipende da un’interazione costante tra patrimonio biologico, esperienze ambientali e comportamenti quotidiani. Un equilibrio, però, che può essere osservato, compreso e — in una certa misura — coltivato.
L'epigentica, oltre il DNA
Il tema protagonosta dell'incontro è stata l’epigenetica, la disciplina che studia come il nostro patrimonio genetico venga regolato e modulato nel tempo, senza subire modificazioni nella sequenza del DNA. L’epigenetica è ciò che permette a una stessa informazione genetica di produrre esiti diversi a seconda del contesto. Una cellula della pelle e un neurone, per esempio, condividono lo stesso codice genetico, ma attivano geni differenti perché immersi in ambienti cellulari diversi e regolati da segnali diversi.
Uno dei meccanismi centrali è la metilazione del DNA, ovvero l’aggiunta di gruppi metilici a specifiche basi della sequenza genetica. Questo processo agisce come un interruttore molecolare, capace di “accendere” o “spegnere” l’espressione di determinati geni, e rappresenta una delle principali modalità con cui l’ambiente imprime tracce durature sul nostro genoma.
Esposoma: il film completo della nostra vita
Per comprendere appieno come l’ambiente influisca sulla salute, è stato introdotto il concetto di “esposoma”: l’insieme di tutte le influenze cui una persona è sottoposta nel corso della vita, fin dal concepimento (o anche prima, considerando le condizioni di salute dei genitori). A differenza del rischio ambientale considerato in modo puntuale o statico, l’esposoma considera la dimensione temporale, storica, relazionale dell’ambiente.
L’alimentazione, l’inquinamento atmosferico, lo stress, l’attività fisica, le relazioni affettive, persino l’arte e la bellezza del paesaggio possono contribuire a modificare il nostro assetto epigenetico. Non si tratta di una metafora: esistono marcatori molecolari, come i livelli di metilazione del DNA, che segnalano con precisione come l’organismo stia reagendo al mondo che lo circonda.
Un esempio emblematico riguarda i figli delle donne incinte durante la carestia olandese del 1944-45: bambini nati in condizioni di estrema povertà calorica, che una volta adulti hanno sviluppato un’epigenetica “programmata” per la scarsità. Quando si sono trovati in un mondo abbondante di cibo, quell’adattamento si è rivelato disfunzionale, predisponendoli a obesità e malattie croniche.
Un altro caso citato riguarda i bambini nati da donne colpite psicologicamente dagli eventi dell’11 settembre: in assenza di patologie apparenti alla nascita, questi soggetti presentavano livelli alterati di cortisolo, l’ormone dello stress, segno di una risposta biologica modificata già in fase prenatale.
Adattamento, vulnerabilità, memoria biologica
Una delle chiavi interpretative più forti emerse dalla conferenza riguarda la distinzione tra esposizione e risposta. Di fronte allo stesso stimolo, due individui possono reagire in modo profondamente diverso. L’adattamento diventa dunque un nodo cruciale: alcune modificazioni epigenetiche segnalano un’efficace risposta adattativa, altre invece rivelano una fatica, una vulnerabilità, una perdita di equilibrio.
Bollati ha parlato di “riserva epigenetica”, una sorta di capitale biologico che rende più o meno capaci di assorbire le sollecitazioni ambientali senza trasformarle in danno. Studi condotti su modelli animali e umani mostrano che questa riserva può essere più o meno ampia, e che si costruisce fin dalle primissime fasi della vita. Non sorprende allora che il benessere percepito, la qualità delle relazioni, l’ambiente abitativo e lavorativo possano fare la differenza non solo sul piano psicologico, ma anche biologico.
Il ruolo della conoscenza e dei sistemi complessi
Nel suo intervento, Elia Biganzoli ha proposto una riflessione su come affrontare la crescente complessità della medicina contemporanea. Se la salute dipende da fattori così interconnessi e dinamici, diventa indispensabile un nuovo modo di leggere i dati, di interpretare i segnali, di costruire relazioni significative tra elementi apparentemente lontani. La medicina del futuro non potrà limitarsi a individuare cause singole, ma dovrà imparare a osservare sistemi in movimento.
Biganzoli ha richiamato la necessità di approcci integrati e strumenti analitici capaci di tenere conto della molteplicità delle variabili in gioco. Non si tratta semplicemente di misurare il rischio, ma di comprendere i percorsi che conducono all’equilibrio o alla disfunzione, e farlo prima che il danno si manifesti. Questo richiede una medicina che sappia ascoltare la storia, non solo il sintomo.
Una cultura della responsabilità biologica
La proposta emersa dall’incontro è quella di una cultura della responsabilità biologica. Non si tratta solo di evitare ciò che nuoce, ma di creare attivamente condizioni che sostengano l’equilibrio. La salute, in questa prospettiva, è il risultato di un’interazione continua tra biologia, ambiente, comportamenti e sistemi di conoscenza. È una costruzione collettiva, che richiede attenzione, consapevolezza e impegno condiviso.
Una frase emblematica pronunciata durante l’incontro riassume bene questa visione:
«Dobbiamo smettere di contare i morti e iniziare a raccontare la vita.»
Non bastano più le statistiche sulla malattia: occorre spostare lo sguardo verso i processi vitali, verso ciò che consente di restare in equilibrio. La ricerca scientifica, in questo senso, può diventare alleata di un nuovo paradigma, in cui la salute non è più solo un obiettivo medico, ma un bene comune da custodire con intelligenza e sensibilità.
La registrazione completa dell’incontro è disponibile a questo link: https://www.plef.org/networking/conferenze/comitato-scientifico/comitato-scientifico-plef-ottimizzazione-e-scienza-delle-decisioni-2.html.