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Green Retail  - Il convegno Plef: è ancora possibile la sostenibilità nell’Antropocene?
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Innovazione & Ricerca A cura di: Fabrizio Vallari

Il convegno Plef: è ancora possibile la sostenibilità nell’Antropocene?

L'evento si è tenuto Martedì 17 maggio, in occasione del Comitato Scientifico Plef, presso la sede operativa a Milano. 

 

Al convegno è stato invitato Gianfranco Bologna, naturalista e ambientalista, Presidente Onorario della Comunità scientifica del WWF Italia, Full member del Club di Roma, Segretario Generale della Fondazione Aurelio Peccei e tra i coordinatori nazionali di Asvis (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) che ha ragionato intorno al quesito se sia ancora possibile la sostenibilità nell’Antropocene.

Oggi ci troviamo di fronte a un quadro a dir poco preoccupante in cui le conquiste culturali degli ultimi decenni si sono profondamente deteriorate. Ed è quantomeno singolare che tale situazione si profili proprio negli anni in cui la conoscenza scientifica ha compiuto incredibili passi avanti, fornendoci nuove consapevolezze sullo stato della terra e ponendo basi straordinarie per poter praticare concretamente percorsi di sviluppo sostenibile alternativi a quelli attuali.

A onor del vero già nel 1972, quando ebbe luogo la prima conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano e fu pubblicato il primo rapporto del Club di Roma “I limiti della crescita”, il messaggio era cristallino: non si può perseguire una crescita materiale e quantitativa illimitata in un Pianeta dai limiti biogeofisici definiti.

Il saccheggio delle risorse terrestri, la modificazione degli ecosistemi, la distruzione della biodiversità prodotti dal modello di crescita sin qui seguito, hanno modificato i cicli biogeochimici, il clima e il ciclo dell’acqua, tanto che la scienza ha individuato un nuovo periodo geologico, definito Antropocene, ad indicare il ruolo di attore della specie umana nel cambiamento globale. Ma non solo. La scienza ha altresì documentato che la nostra influenza sulle dinamiche del pianeta sta di fatto provocando effetti simili a quelli che scaturiscono dai grandi fenomeni naturali (terremoti, esplosioni vulcaniche, persino cadute di asteroidi ecc.).

Per quanto molteplici discipline - in primis l’economia - abbiano sempre cercato, e cerchino tutt’ora, di farci credere che la specie umana sia “al di fuori” (se non “al di sopra”) della natura, il primo e fondamentale pilastro da cui partire nella riflessione sulla sostenibilità è che la componente umana altro non è che un prodotto della Terra. La sfida che oggi ci pone la sostenibilità è quella di mutare il nostro modo di stare al mondo, di fare società ed economia. E in questo processo di trasformazione, la consapevolezza che noi dipendiamo dalla natura è indispensabile.

Oggi stiamo già vivendo gli effetti dei cambiamenti globali dovuti al nostro intervento e pertanto dobbiamo gestire l’inevitabile ed evitare l’ingestibile. Ma dobbiamo far sì che tale processo acceleri giacché ciò che nel passato si riteneva potesse essere oggetto di passaggi graduali, oggi preme con un’urgenza senza precedenti.

La comunità scientifica ci fornisce operativamente un framework costituito dall’individuazione di uno Spazio Operativo Sicuro (SOS) entro il quale è possibile realizzare uno sviluppo umano rispettoso dei confini planetari. La sfida dalla sostenibilità è quella di muoversi entro questo SOS, avviando modelli di economia del benessere (Wellbeing Economy) e circolare che imiti i meccanismi della natura, dove, ad esempio, i rifiuti derivanti da qualsiasi processo vengano utilizzati da altri processi, evitando di produrre scarti, rifiuti e inquinamenti solidi, liquidi e gassosi.

La discussione ha suscitato un dibattito finale in cui, in sintesi, evidenziamo le seguenti questioni:

- Nell’economia della transizione ecologica, quale contributo può dare il consumo responsabile e sostenibile? È un contributo rilevante in termini quantitativi oppure il green marketing è per sua natura sempre greenwashing? Il consumo responsabile ha un enorme valore maieutico: ovunque e comunque si faccia ha sempre valore. Sebbene attualmente non sia facile tradurlo in indicatori statistici, ciò potrà avvenire nel futuro: quando e se il fenomeno comincerà ad avere una sua significatività, evidentemente saremo in grado di vedere dei mutamenti registrabili (sempre che i dati vengano giustamente registrati).

- Potrebbe essere una soluzione praticabile quella di pensare di istituire, per ogni acquisto, un criterio compensativo (prevedere cioè, per qualsiasi cosa si acquisti, al prezzo intrinseco dell’oggetto un valore “x” collegato all’aspetto compensativo)? Secondo l’esperto il discorso della compensazione rischierebbe di sminuire fortemente la responsabilità individuale. A parere di Bologna, la soluzione più opportuna e coerente sarebbe l’imposizione di tasse (ad es. sull’emissione di carbonio): in ogni ambito, se l’obiettivo è quello di disincentivare un comportamento/far percepire una determinata situazione come qualcosa di pericoloso, la soluzione più efficace è il sistema della tassazione.

In chiusura della conferenza, Plef ha ricordato il proprio impegno nello studiare l'applicazione dei principi naturali nella gestione d'impresa, nel lavorare nello spazio operativo sicuro per fare ponti tra ricerca ed impresa utili all'innovazione per la sostenibilità e per introdurre rendicontazioni sulla qualità della vita, prodotti nell'impresa, funzionali al territorio e alle comunità di riferimento.

       
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