Il numero di Green Retail Magazine in uscita nei prossimi giorni documenta un passaggio significativo per il retail italiano. Il 14 ottobre 2025, presso la Fondazione Università degli Studi di Milano, si è tenuta la XV edizione dello Human&Green Retail Forum. Non è stato il solito convegno sulla sostenibilità. È stato il momento in cui il settore ha trasformato un'opportunità in un impegno operativo concreto.
Il dialogo che avevamo prospettato si è realizzato in modo più costruttivo di quanto potessimo immaginare. La Dieta Mediterranea è emersa non come soluzione imposta, ma come bussola condivisa di sostenibilità – un framework scientificamente solido eppure abbastanza flessibile da accogliere le diverse interpretazioni che ogni insegna vorrà dargli in base ai propri punti di forza e alle proprie strategie di mercato.
Ciò che ha caratterizzato il Forum è stata l'assunzione corale di responsabilità da parte di tutti gli stakeholder presenti. Dai vertici della grande distribuzione ai manager della sostenibilità delle insegne più dinamiche, dalle aziende dell'industria alimentare alle rappresentanze agricole, il messaggio è stato unanime: vogliamo lavorare per costruire insieme un sistema che aiuti le persone a fare una spesa a minore impronta ambientale e maggior equilibrio nutrizionale.
"Nessuno che faccia seriamente il mestiere del distributore, del trasformatore o dell'agricoltore, può ignorare la costante ricerca di salubrità da parte dei consumatori", aveva affermato Mauro Lusetti, presidente Conad, nell'intervista pubblicata qualche settimana fa. Una consapevolezza che si è confermata tra tutti i partecipanti e si è tradotta in disponibilità concreta ad agire.
"La Dieta Mediterranea non è solo un modello alimentare, ma un codice culturale e antropologico", ha sottolineato Sara Roversi del Future Food Institute. "Un sistema di relazioni che abbraccia biodiversità, stagionalità, convivialità. Il progetto nasce dalla volontà di trasformare questo patrimonio non in un claim nostalgico, ma in un criterio concreto di progettazione della distribuzione alimentare contemporanea."
Il framework Human&Green Retail Experience che è stato presentato e discusso durante il Forum ha dimostrato la sua versatilità. Gli stessi principi mediterranei possono essere declinati in contesti molto diversi: dal premium e-commerce di Cortilia alla prossimità mainstream di EasyCoop, passando per i format più vari della distribuzione italiana.
Non si tratta di imporre un modello unico, ma di fornire uno strumento che ogni insegna può utilizzare per valorizzare i propri punti di forza. Chi punta sulla qualità artigianale troverà nel sistema un modo per far emergere questo valore. Chi lavora sulla convenienza potrà dimostrare che una spesa mediterranea è anche economicamente vantaggiosa. Chi investe sulla territorialità avrà un criterio scientificamente validato per comunicarlo.
Il cuore della discussione ha riguardato quello che, fino a pochi mesi fa, era considerato quasi un tabù: il bilanciamento delle categorie di prodotto nel carrello. Aiutare attivamente i consumatori a comporre un carrello che rispecchi sempre più gli equilibri della Dieta Mediterranea non è più solo un'opzione teorica, ma un obiettivo operativo condiviso.
Stanislao Fabbrino, presidente di Fruttagel, aveva posto la questione in termini chiari: "Non puoi dire che ti interessa la salute del consumatore e poi spingere prodotti con molto zucchero. O ci credi o non ci credi."
Il Forum ha dimostrato che questa convinzione è diffusa. E comporta inevitabilmente una presa di posizione sulle categorie da valorizzare, sui prodotti da promuovere, sugli assortimenti da ripensare.
Nessuno si è fatto illusioni sulla velocità del cambiamento. La trasformazione verso carrelli più mediterranei avverrà con una progressione graduale i cui tempi saranno dettati da un dialogo in tempo reale tra GDO e consumatori.
Da un lato, la capacità della distribuzione di intercettare le preferenze dei cittadini, comprenderne le esigenze, rispettarne i ritmi. Dall'altro, la responsabilità di indirizzare le scelte attraverso gli strumenti scientifici e tecnologici che iniziative come Retail Experience stanno mettendo in campo.
Non un cambiamento imposto dall'alto, ma un'evoluzione co-costruita, dove l'algoritmo mediterraneo diventa il linguaggio comune che permette a domanda e offerta di dialogare in modo più consapevole.
Il sistema di scoring presentato al Forum – che integra aderenza mediterranea, livello di trasformazione, impatto ambientale e territorialità – ha dimostrato di funzionare nei primi test sulle categorie. Ma rimane un modello tutto da costruire e da perfezionare con la collaborazione degli stakeholder. Quello che abbiamo dimostrato è che la tecnologia c'è. I dati scientifici sono solidi. E il tutto collima con il framework normativo che si va consolidando con la CSRD e le nuove direttive europee.
Quello che si è costruito il 14 ottobre va oltre il singolo evento. È l'inizio di un percorso di progettazione condivisa per definire governance, standard, timeline e modalità operative. Gli operatori che hanno partecipato al Forum hanno manifestato la volontà di proseguire, di entrare nella fase operativa, di trasformare i principi in azioni concrete.
Il problema non è mai stato che mancassero prodotti di qualità in Italia. Il problema era – ed è ancora in buona parte – che nell'84,5% di green claim generici che riempiono gli scaffali, chi lavora con rigore sulla qualità fatica a distinguersi.
Il sistema mediterraneo che sta prendendo forma può diventare lo strumento per far emergere chi merita davvero. Per dare dignità scientifica e operativa a un patrimonio che rischiamo di perdere. Per trasformare la presenza massiccia di claim ambientali in impatto reale e misurabile.
Come piccolo produttore di pasta artigianale con grano antico, come azienda che investe in innovazione, come consumatore che cerca autenticità – tutti possono trovare nel framework mediterraneo un linguaggio comune per riconoscersi.
Il Forum del 14 ottobre ha dimostrato che la svolta mediterranea è tecnicamente possibile e strategicamente desiderabile. Ha trasformato un'intuizione in un progetto operativo. Ha creato una comunità di intenti tra soggetti che raramente dialogano con questa profondità.
Ora inizia la fase più difficile: tradurre gli impegni in azioni quotidiane, mantenere la coerenza nel tempo, costruire davvero quel sistema che aiuti le persone a fare scelte migliori.
Ma per la prima volta da molto tempo, il retail italiano non sta solo parlando di sostenibilità. Sta costruendo gli strumenti per praticarla.
E questo fa tutta la differenza.