Il Forum Human&Green Retail del 14 ottobre 2025 si è aperto con un intervento che ha subito definito il perimetro del confronto. Paolo Mamo, presidente di PLEF - Planet Life Economy Foundation, ente promotore dell'iniziativa insieme a NDB Il Marketing Consapevole, ha posto una questione fondamentale: quando la distribuzione vende cibo, che cosa sta davvero distribuendo?
"Nell'approcciare questa edizione del Forum siamo partiti dalle tematiche dei retailer e dei produttori alimentari e a loro mi rivolgo", ha esordito Mamo. La risposta che ha dato non è stata retorica, ma operativa. E ha tracciato la direzione di tutto il dibattito che è seguito.
Se vendiamo cibo, distribuiamo benessere. Non un'astrazione: parlo di salute, energia quotidiana, equilibrio, serenità. La salute non è solo assenza di malattia; è la possibilità concreta di vivere bene, ogni giorno, con scelte alla portata.
E qui la distribuzione ha una responsabilità precisa e, insieme, grandi mezzi. Abbiamo strumenti che pochi altri attori possiedono: la capillarità dei punti vendita, la forza degli assortimenti, la leva della marca privata, il potere contrattuale di filiera, i dati sui bisogni reali delle persone e canali digitali che trasformano informazioni in aiuti pratici.
Con questi mezzi possiamo facilitare scelte positive, accompagnare i tempi stretti della vita moderna e abilitare stili alimentari che fanno bene a chi compra e al Pianeta. Quando i pilastri di una dieta equilibrata—legumi, cereali integrali, ortofrutta, olio extravergine—sono visibili, convenienti e semplici da inserire nella settimana, la salute smette di essere una raccomandazione e diventa un servizio.
Dentro questa responsabilità c'è una parola che voglio esplicitare: purpose. Che cos'è, davvero? Non è un claim né un gesto filantropico a margine del business. Purpose è la ragione d'essere dell'impresa tradotta in scelte operative: cosa mettiamo a scaffale, come negoziamo con i fornitori, quali KPI premiamo, come progettiamo le promozioni, che cosa raccontiamo ai clienti e come trattiamo le persone che lavorano con noi.
È una bussola che orienta budget, tempi e priorità; è ciò che rende coerenti i nostri "perché" con i nostri "come". Se diciamo che vogliamo benessere condiviso, il purpose ci impegna a renderlo misurabile, accessibile e duraturo.
Per dare direzione a questo impegno serve una bussola comune. La Dieta Mediterranea è patrimonio culturale, ma può diventare anche uno strumento operativo: immaginiamo un indice di benessere che assegna un punteggio a prodotti e carrelli integrando qualità nutrizionale, livello di trasformazione, impatto ambientale, stagionalità e territorialità.
Un riferimento chiaro per chi seleziona gli assortimenti e una guida gentile per chi sceglie tra gli scaffali. Non un giudizio, ma una luce che rende facile ciò che è giusto: più vegetali, più varietà, meno eccessi, più rispetto delle stagioni e dei territori.
La salute comincia prima dello scaffale. Richiede vigilanza sulla filiera: suolo e acqua tutelati, lavoro dignitoso, benessere animale, trasformazioni pulite, logistica efficiente, packaging responsabile. Questa vigilanza non è burocrazia: è competitività.
Tracciabilità, standard chiari, audit seri e relazioni corrette con i territori riducono rischi, migliorano la qualità e generano fiducia che dura più di qualsiasi promozione. Un retailer che presidia la filiera protegge i propri clienti e rafforza il proprio futuro.
La salute è anche accessibilità. Il primo ostacolo è il prezzo: per questo serve continuità su una "spesa base" sana, con prezzi stabili e promozioni che avvicinano i prodotti che fanno bene.
Il secondo è il tempo: porzioni intelligenti, ricette essenziali, formati anti-spreco e soluzioni pronte ma equilibrate aiutano le famiglie a non scegliere tra velocità e qualità.
Il terzo è la chiarezza: percorsi in store intuitivi, etichette leggibili, app che restituiscono l'equilibrio del carrello e propongono alternative semplici. Meno rumore, più senso.
La marca del distributore può diventare laboratorio di salute e sostenibilità: fissare soglie minime dell'indice di benessere per linee e categorie, migliorare ogni anno ricette e ingredienti, rendere visibili impegni e risultati sullo scaffale e sullo scontrino.
Quando la marca privata alza l'asticella, tutto l'ecosistema segue: produttori, categorie, aspettative dei clienti.
"Condiviso" significa che nessuno resta indietro: persone con budget stretti, culture alimentari diverse, restrizioni o esigenze specifiche. Significa ascolto vero dei vincoli reali—economici, organizzativi, emotivi—e progettazione di risposte rispettose: assortimenti leggibili, prezzi giusti, strumenti digitali utili, personale di reparto preparato e vicino.
Guidare, qui, vuol dire guidare ascoltando: prendere decisioni che semplificano la vita delle persone senza imporre modelli, ma offrendo possibilità concrete.
Il purpose, allora, diventa un contratto con la società: impegna la distribuzione a usare i propri mezzi per rendere la scelta salutare la scelta più facile, per tutti. E si sottopone alla prova dei fatti.
Un retail che mette la salute al centro produce tre risultati visibili: più persone che riescono a mangiare bene senza complicarsi la vita; filiere più stabili e resilienti; una reputazione che nasce dalla coerenza quotidiana e si traduce in vantaggio competitivo.
La nostra ambizione è semplice e alta: trasformare il carrello in uno strumento di cura reciproca—per sé, per chi produce, per i territori. Fare della corsia un luogo che facilita la vita quotidiana, non che la complica.
Perché il benessere, quando è davvero condiviso, genera salute, fiducia e valore che durano. E la distribuzione può essere il ponte che lo rende possibile.