Domenico Canzoniero
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Dal carrello al clima: il ruolo chiave della distribuzione
Una riflessione sulla connessione tra scelte alimentari, emergenza climatica e il ruolo cruciale della grande distribuzione nell’applicare i principi costituzionali che tutelano le future generazioni, la salute e l’ambiente.
Mentre l'Europa affronta la prima intensa ondata di calore dell'estate 2025, con temperature che sfiorano i 40 gradi, emerge con sempre maggiore chiarezza una verità che faticavamo ad accettare: la crisi climatica è già qui, e sta già influenzando profondamente la nostra salute. I dati della Commissione Pan-Europea per il Clima e la Salute dell'OMS, presentati appena pochi giorni fa, parlano di 100.000 morti per il caldo estremo in Europa nel solo biennio 2022-2023.
Eppure, c'è un aspetto della crisi climatica che merita particolare attenzione, non per la sua drammaticità, ma per le opportunità di cambiamento che offre: quello che mettiamo nel piatto ogni giorno.
L'equazione nascosta del clima
I dati del Joint Research Centre della Commissione Europea offrono una prospettiva illuminante: il 50% delle emissioni di gas serra dei consumatori europei deriva dalle nostre scelte alimentari. Una percentuale che supera di gran lunga trasporti, riscaldamento o qualsiasi altro settore di consumo.
I consumi dei cittadini europei generano circa 4,8 miliardi di tonnellate di CO₂ equivalente all’anno, un valore superiore di circa il 33% rispetto alle emissioni territoriali dell’UE, che ammontano a circa 3,6 miliardi di tonnellate (dati 2022, EEA).
Questa differenza è dovuta al fatto che una parte rilevante dell’impronta ambientale è incorporata nelle importazioni, in particolare nei settori del cibo, dei beni di consumo e dei materiali industriali.
Il sistema alimentare ha un ruolo centrale: secondo il JRC (EDGAR-FOOD), esso è responsabile di circa il 30% delle emissioni complessive di gas serra in Europa, e oltre il 40% di queste emissioni alimentari è associato a prodotti importati, spesso ad alta intensità di carbonio (es. carne bovina, soia, olio di palma, caffè).
Complessivamente, il cibo rappresenta fino al 50–57% dell’impronta ambientale dei consumi europei, includendo non solo le emissioni ma anche impatti su suolo, acqua, inquinamento e biodiversità (EEA, 2023).
Eppure, mentre dedichiamo giustamente attenzione a mobilità sostenibile e efficienza energetica, il contenuto dei nostri carrelli della spesa rimane spesso fuori dal radar delle politiche climatiche.
Decidere per il futuro
Quando si tratta di decidere a cosa dare priorità nelle politiche climatiche, quando in sostanza si tratta di decidere per il futuro da qualche anno abbiamo a disposizione - come ci ricorda Enrico Giovannini direttore scientifico di ASvis in un suo recente editoriale - due strumenti potentissimi, l’articolo 9 e l’articolo 41 della Costituzione come modificati nel 2022 per dare spazio al tema della sostenibilità.
L'articolo 9 sancisce che la Repubblica "tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni". Il nuovo articolo 41 stabilisce che "l'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all'ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana".
Ambiente e salute sono i due temi chiave che definiscono gli impatti del largo consumo, e se l'impatto ambientale dell'alimentazione rappresenta il 50% delle nostre emissioni, l'impatto sulla salute non è meno drammatico. Le malattie non trasmissibili - principalmente cardiovascolari, tumori, diabete e malattie respiratorie croniche - sono responsabili di quasi il 75% dei decessi in Europa e del 91% dei decessi in Italia e sono direttamente associate con la dieta e lo stile di vita.
La distribuzione alimentare si trova quindi al centro di una duplice emergenza: climatica e sanitaria. Abitudini alimentari scorrette, insieme ad altri fattori di rischio modificabili, sono responsabili del 60% del carico delle malattie croniche. Ogni prodotto che finisce negli scaffali, ogni strategia di prezzo, ogni campagna promozionale ha conseguenze misurabili sia sulle emissioni di CO2 che sulla salute pubblica. In questo contesto, orientare i consumi verso scelte più sostenibili non è solo un'opportunità commerciale, ma un imperativo costituzionale che lega indissolubilmente la tutela dell'ambiente alla protezione della salute delle future generazioni.
Qui emerge il dato determinante: il 70% delle nostre decisioni alimentari avviene nei supermercati. La grande distribuzione non si limita quindi a vendere prodotti, ma orienta concretamente quelle scelte che rappresentano la metà delle emissioni climatiche dei cittadini europei e una percentuale significativa dei loro rischi sanitari.
Il supermercato come protagonista del cambiamento
La grande distribuzione moderna si trova quindi in una posizione unica: ha l'opportunità di orientare le decisioni di acquisto della stragrande maggioranza dei consumatori europei, diventando così un attore chiave nella transizione verso un'alimentazione più sostenibile dal punto di vista sia ambientale che sanitario.
Ogni decisione di assortimento, ogni promozione, ogni modo di presentare i prodotti può contribuire significativamente a quel cambiamento che l'urgenza climatica e sanitaria ci richiede. Non si tratta più di semplici scelte commerciali, ma di decisioni che hanno conseguenze misurabili sulle emissioni di CO2 e sulla salute pubblica europea.
Verso una sostenibilità sostanziale
La grande distribuzione ha già intrapreso importanti iniziative: packaging biodegradabili, energie rinnovabili nei punti vendita, campagne di sensibilizzazione. Sono passi significativi che dimostrano una crescente consapevolezza ambientale. Tuttavia, l'opportunità più grande resta ancora da cogliere pienamente: utilizzare il potere dei prezzi, dell'esposizione e della comunicazione per orientare i consumi verso alternative che riducano simultaneamente l'impatto climatico e i rischi per la salute.
Questo significa valorizzare le proteine vegetali accanto a quelle animali, privilegiare prodotti locali e di stagione, rendere economicamente accessibili le opzioni sostenibili, ridurre la promozione di alimenti ultra-processati. Significa trasformare ogni supermercato in uno spazio dove le scelte più salutari per le persone coincidano con quelle più rispettose per il pianeta.
Un'opportunità di leadership
Quando Katrín Jakobsdóttir, presidente della Commissione OMS, avverte che "ci stiamo rapidamente dirigendo verso un aumento catastrofico di 3°C delle temperature globali", sta anche aprendo una riflessione su come ogni settore possa contribuire alla soluzione. E i supermercati, con i loro spazi che accompagnano quotidianamente milioni di europei nelle scelte alimentari che determineranno tanto il nostro futuro climatico quanto la nostra salute collettiva, hanno un'opportunità unica di diventare protagonisti di questo cambiamento.
La grande distribuzione possiede infatti un'influenza sui consumi che può diventare complementare alle politiche pubbliche e alle campagne di sensibilizzazione. È un'influenza che non comporta coercizione, ma che può orientare gentilmente verso scelte più sostenibili e salutari, facendo della spesa quotidiana un momento di partecipazione attiva alla transizione ecologica e al benessere collettivo.
La strada da percorrere
I principi costituzionali degli articoli 9 e 41 indicano chiaramente la direzione: non si tratta di imporre diktat alimentari o eliminare prodotti dagli scaffali, ma di allineare le strategie commerciali con gli imperativi di tutela ambientale e sanitaria che la Costituzione stessa ci impone. Si tratta di usare in modo responsabile gli strumenti già a disposizione: pricing, merchandising, comunicazione, innovazione di prodotto.
Ogni decisione commerciale può contribuire alla tutela dell'ambiente per le future generazioni e alla protezione della salute pubblica, rispettando al contempo il principio che l'attività economica non deve recare danno all'ambiente e alla salute. Questo approccio, moltiplicato per milioni di consumatori, può diventare determinante per il futuro del pianeta e per il benessere delle comunità europee.
I dati dell'OMS sui 100.000 decessi europei per il caldo estremo e quelli sulle malattie non trasmissibili che causano il 75% dei morti in Europa non sono solo statistiche, ma un promemoria dell'urgenza che caratterizza i nostri tempi. Mentre Giovannini sollecita a "decidere per il futuro" richiamandoci ai nuovi principi costituzionali sulla tutela ambientale e sanitaria, la grande distribuzione ha davanti a sé l'opportunità di trasformare i supermercati da semplici luoghi di commercio in spazi di educazione e orientamento verso la sostenibilità.
Il carrello della spesa può diventare uno strumento di partecipazione al cambiamento climatico e di protezione della salute pubblica, in linea con quell'imperativo costituzionale che ci chiama a tutelare l'ambiente e la salute per le future generazioni. E questo può accadere se chi gestisce quei carrelli sceglie di guidare con responsabilità questo processo di trasformazione.