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Green Retail  - La settima edizione degli Stati generali della Green Economy
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Anno 2018 A cura di: Redazione GreenRetail

La settima edizione degli Stati generali della Green Economy

Riflessioni del Plef - Planet Life Economy Foudation sulla Green Economy dopo gli Stati Generali di Ecomondo.

 

A cura di Emanuele Plata, Presidente di Plef (nella foto)

Green Retail  - La settima edizione degli Stati generali della Green Economy

Negli anni la manifestazione ha visto la partecipazione di sempre più persone e come PLEF abbiamo visto avvicendarsi ben 4 diversi ministri dell’Ambiente: Clini, Orlando, Galletti ed ora Costa. Il tema centrale quest’anno è stato “Green Economy e nuova occupazione per il rilancio dell’Italia” e lo stimolo per molti era il confronto con le priorità della nuova legislatura. Sette sono state le priorità presentate da Edo Ronchi a nome del Consiglio Nazionale della Green Economy, di cui PLEF è parte attiva: 1) rilanciare le rinnovabili e l’efficienza per la sfida climatica, 2) puntare sull’economia circolare grazie alle direttive europee, 3) promuovere la qualità ecologica delle imprese italiane, 4) assicurare un’agricoltura sostenibile, 5) cambiare la mobilità urbana, 6) programmare a livello nazionale le green cities, 7) valorizzare il capitale naturale.

Le evidenze raccolte sono: che le emissioni di CO2 sono in aumento, che il disastro ecologico in Italia è senza fine, che non ci sono risorse prioritarie per gli impegni di Parigi Cop21, che gli interventi strutturali richiederebbero circa 80 miliardi di budget in 10 anni. Il Ministero (MATTM) si concentra sul tema dei rifiuti, richiamando che la differenziata è “drogata” e non finalizzata in modo efficace, e non prospetta un’azione di governo per una revisione fiscale ecologica.

Le imprese si dimostrano attive, ma giunge l’allarme di Catia Bastioli, che, partendo dall’esempio di come stiamo trattando il nostro suolo, denuncia la mancanza di una visione d’insieme per fare in modo che le azioni non siano soltanto di interesse particolare, ma sistemico (guarda la sua presentazione). C’è molto da fare ed in fretta, serve una spinta della società civile!

Questo è quanto ho pubblicato sulla nostra pagina Facebook, ma è bene sapere che il dibattito con gli esponenti politici, seguito alla presentazione di Ronchi, ha fatto emergere una contraddizione evidente, ovvero che se da un lato molti dei rappresentanti, a partire dal Ministro, asserivano che gli argomenti dell’ambiente non hanno bandiera e colori politici, per cui si possono affrontare concordemente nell’ambito dell’intero arco costituzionale, dall’altro un’affermazione così condivisibile non trova poi riscontro nelle decisioni intraprese, che attuano condoni, che privilegiano territori rispetto ad altri, che dimenticano settori, se interessati da forti lobby, etc; la riforma fiscale è un chiaro esempio e se si dice che chi inquina paga, qualcuno non vuole che sia così, se si rimanda ogni intervento per l’eliminazione dei sussidi dannosi all’ambiente, qualcuno vuole che sia così, se non si trovano i fondi per promuovere il raggiungimento degli obiettivi contro il riscaldamento climatico, qualcuno è di fatto negazionista.

Tutto ciò si è compreso a Rimini, a pochi giorni dal disastro delle mareggiate e dei venti turbinosi, e gli amministratori locali di questi territori a chi si rivolgono e come possono dare risposte ed indicazioni ai loro cittadini se poi viene affermato dal presidente Mattarella che occorre rivedere le priorità di spesa per non lesinare sul nostro territorio e che il suo ecosistema non è una priorità di governo ?!

Emerge di fatto una verità: c’è grande confusione tra le responsabilità e le competenze centrali e locali, nel senso che le leggi quadro nazionali fanno fatica ad essere realizzate e rispettate localmente, ad esempio quelle sui rifiuti e sul riciclo, che le richieste locali sono contraddittorie tra località e località, come testimoniano i nimby, ed infine che la centralità delle risorse può impedire il sollecito intervento nel locale, come avvenuto per le infrastrutture stradali.

Occorre uno stato ed una cittadinanza con maggiore responsabilità civile e l’assurdo è che oggi la tanto bistrattata Unione Europea è l’unico punto di riferimento con cui è stato possibile fare qualcosa, ad esempio per l’economia circolare.

       
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