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Hitachi Energy: In Italia, l'eolico offshore flottante (sul mare) è l'opzione migliore per diverse ragioni.
Race to Zero: la rivoluzione della generazione eolica flottante.
A cura di Ilario Scian, Global Product Manager Industrial & Specialty Transformers, Hitachi Energy.
Mentre miglioriamo le soluzioni attuali per catturare la CO2 prodotta o per ridurre le perdite della rete o ancora per potenziare gli impianti idroelettrici, dobbiamo immaginare lo scenario futuro 100% carbon free. In Italia possiamo dire fin d’ora che in quello scenario l’eolico flottante offshore (sul mare) avrà un ruolo fondamentale. Ma cos’è l’eolico offshore flottante? E perché è importante per il nostro sistema energetico futuro? Conosciamo abbastanza bene l’eolico onshore (sulla terraferma); a tutti noi è capitato di imbatterci in una o più pale eoliche, viaggiando in Italia. Difficile, in Italia, invece imbattersi in un parco eolico offshore – ovvero in mare.
I parchi eolici offshore sono invece ormai parte del paesaggio nelle zone ventose del mondo in cui i fondali sono più bassi. Tipicamente i parchi eolici tradizionali sono installati e fissati al fondo del mare a profondità massime di 60 metri, limite che può essere superato solamente dalle installazioni eoliche flottanti che sono “ancorate” anziché “fissate” definitivamente al fondale, in modo che resistano alle difficili condizioni del mare aperto. Per mettere le cose in prospettiva, si consideri che l’80% delle risorse eoliche mondiali si trovano in mare aperto dove la profondità del fondale è oltre i 60 metri.
Dogger Bank Wind Farm, il più grande parco eolico offshore del mondo, è nel Mare del Nord ad una distanza di 130km dalla costa inglese della regione dello Yorkshire dove le acque sono straordinariamente basse (tra i 20 m e i 35 m). Questo parco eolico si estenderà per 1114 km2 raggiungendo una distanza di oltre 200 km dalla costa, avrà una potenza totale di 3.6 GW e verrà costruito in tre fasi da 1.2GW per un totale di 600 turbine (200 turbine per fase). Una volta completato, nel 2026, sarà capace di fornire potenza a 6 milioni di case in Inghilterra.
Sappiamo che per far fronte alla crescente domanda di energia verde, gli operatori hanno necessità di incrementare la capacità dell’eolico offshore (meno impattante sul panorama), ma si scontrano con la difficoltà di trovare siti idonei: servono molto vento, acque basse e fondali adatti. Dogger Bank è infatti un caso più unico che raro. Di norma, le profondità del mare, a quella distanza dalla costa e con quelle condizioni di vento, sono decisamente superiori; si stima che l’80% delle aree più vocate all’eolico offshore siano a elevate profondità. Nonostante le difficoltà oggettive, però, è una strada da percorrere obbligatoriamente per onorare gli impegni della sostenibilità. Secondo l'Agenzia Internazionale dell'Energia, infatti, per raggiungere l’obiettivo net-zero entro il 2050, i paesi del G7 dovranno puntare sull’innovazione per ridurre del 30% le emissioni del settore elettrico, il che richiederà una collaborazione internazionale finalizzata anche alla costruzione di una leadership tecnologica.
Quanto alle fonti, le tecnologie mature – tra cui quella idroelettrica – contribuiranno solo per il 15% circa. Circa il 55% deriverà dall'impiego di tecnologie che hanno ancora un enorme margine di crescita, come l'eolico onshore e il solare fotovoltaico, o che sono in fase iniziale di adozione, come le pompe di calore e le batterie. Le tecnologie ancora in sviluppo, come l'eolico offshore galleggiante, la cattura del carbonio e l'idrogeno, fornirebbero un altro 30%. Sfruttare l’eolico offshore (anche galleggiante) sarà quindi una componente chiave per soddisfare gli obiettivi globali di emissioni di carbonio net-zero entro il 2050. Per quanto riguarda l’Italia l’Associazione Nazionale Energia del Vento (ANEV) stima un potenziale offshore di 5GW per il 2040 in alcune zone particolarmente vocate: Puglia, Calabria, Sicilia, e Sardegna.
Per l’Italia, l’eolico offshore flottante è l’opzione migliore per diverse ragioni. La prima è senz’altro l’elevata profondità dei fondali, la seconda è la particolare attenzione alla tutela e salvaguardia del paesaggio che, se da un lato frena la diffusione delle rinnovabili onshore perché considerate troppo impattanti, dall’altro dovrebbe spingere ancor di più verso l’eolico offshore galleggiante. L’interesse c’è: recentemente Terna ha dichiarato di aver ricevuto richieste di connessione per impianti eolici offshore (per lo più da impianti a oltre 100mt di profondità) per ben 17 GW.