Fabrizio Vallari
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Il digital healthcare accelera in Europa, ma l'Italia non tiene il passo
Pnrr e "Connected Care" sono le chiavi per il cambiamento.
Se la digitalizzazione in Italia ha già trasformato lo scenario di diversi settori produttivi come la finanza e la mobilità, lo stesso non si può dire per quanto riguarda la sanità. Negli ultimi due decenni le strutture sanitarie si sono dotate di tecnologie digitali molto difformi tra loro e questo ha portato ad avere un approccio complessivo frammentario e disomogeneo quando è stato necessario uniformare i sistemi tecnologici per offrire servizi integrati ai cittadini. In tutto questo la pandemia ha avuto due effetti principali: se da un lato ha accelerato la trasformazione verso una sanità più digitale e virtuale con l’adozione di nuovi modelli di assistenza domiciliare e di telemedicina, dall’altro ha messo in luce tutte le difficoltà del sistema sanitario che solo in parte è stato in grado di adottare e offrire un approccio tecnologico ben strutturato in grado di seguire ogni aspetto del patient journey. Anche i numeri confermano le complessità presenti in Italia a livello di investimenti: secondo la ricerca “Il mercato della sanità digitale 2018-2024” redatta da NetConsulting cube, il valore complessivo del settore arriva a 3,3 miliardi di euro nel 2021 con un +8% sul 2020 e una prospettiva di crescita che supera i 4 miliardi di euro nel 2024. L’Europa fa registrare numeri importanti: una ricerca della società internazionale Graphical Research mostra come il mercato europeo della sanità digitale abbia toccato i 47 miliardi di euro lo scorso anno e si appresta a crescere del 17% fino al 2027 dove andrà a sfiorare i 140 miliardi di euro.
I dati italiani rappresentano solo una piccola parte della torta europea: solo il 7% sul 2021 e, se le stime saranno confermate, si arriva al 4,6% sul 2024. Anche se il trend del mercato è in crescita, il processo di digitalizzazione della sanità tricolore è ancora lungo e complesso. Un aiuto concreto arriverà dai fondi previsti dal PNRR: secondo quanto illustrato recentemente dal Ministro per l’innovazione tecnologia Vittorio Colao, sono in agenda investimenti per circa 2,5 miliardi di euro nella sanità digitale di cui 1,3 per la creazione di una infrastruttura dati integrata e 1 miliardo per l’erogazione di servizi sanitari digitali. “Abbiamo un'opportunità unica per accelerare la trasformazione digitale del sistema sanitario italiano e farla evolvere grazie a modelli e strumenti innovativi. Ma è necessario fare in fretta perché abbiamo molta strada da recuperare rispetto ad altre nazioni – spiega Marzio Ghezzi (nella foto), CEO della startup italiana Mia-Care posizionata sul mercato dei servizi di digital health con una piattaforma digitale flessibile e scalabile basata sulla tecnologia di Mia-Platform che accelera la trasformazione digitale di ospedali, aziende Pharma, MedTech e assicurazioni – Grazie a tecnologie moderne-cloud-based e ad un approccio modulare possiamo ricostruire il rapporto medico-paziente messo a dura prova negli ultimi anni, offrendo servizi digitali innovativi per specialisti, pazienti e tutti gli operatori coinvolti nell’ecosistema sanitario italiano”. Le difficoltà che sta affrontando la sanità italiana in questo processo di digitalizzazione si rispecchiano nell’attuale situazione del fascicolo sanitario elettronico istituito nel 2015: circa l’80% delle regioni hanno meno del 50% dei documenti indicizzati e, come se non bastasse, il caricamento avviene con dati non strutturati e standard differenti impedendo così l’interoperabilità tra sistemi sanitari regionali. Non va meglio se si analizzano i dati lato utente: secondo l’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano, solo il 12% delle persone ha utilizzato il fascicolo sanitario elettronico e il 62% non ne ha mai nemmeno sentito parlare. La stessa ricerca ha messo in evidenza, però, la propensione da parte di medici e pazienti all’utilizzo dei canali digitali della telemedicina: se, prima della pandemia, la tele-visita era utilizzata dal 13% dei medici specialistici e solo dal 10% dai medici generici, durante l’emergenza Covid-19 queste percentuali sono arrivate per entrambe le categorie al 39% con un interesse ad utilizzare questo servizio in futuro intorno al 65%. Il passo successivo da parte del sistema sanitario dovrà essere quello di riuscire ad organizzare un’offerta quanto più completa possibile perché i numeri mettono in evidenza come questa sarà una tendenza inevitabile del futuro.
A questo ambito di intervento si devono aggiungere la ricerca di nuove modalità di interazione per la cura del paziente, il “remote care” e la necessità di evolvere la strumentazione tecnologica in dotazione al personale sanitario. Tutto questo può essere riassunto in un modello di sanità innovativa di “connected care”: si tratta di un’assistenza sanitaria personalizzata, accessibile attraverso le nuove tecnologie e in grado di fornire una comunicazione in tempo reale tra paziente e un operatore sanitario. La telemedicina, il monitoraggio remoto dei pazienti e lo scambio di comunicazioni tra i medici e i loro pazienti sono tutti esempi “connected care”. “Sarà un aspetto imprescindibile dei futuri modelli di sanità dove il paziente e le sue necessità saranno finalmente al centro dei servizi digitali messi a disposizione dai sistemi sanitari – prosegue il manager – Con questo modello gli operatori saranno in grado di offrire assistenza personalizzata e cure mediche in remoto attraverso l’utilizzo di una piattaforma di telemedicina modulare sfruttando dispositivi wearable per raccogliere dati utili alla cura e alla prevenzione. Tutto questo, adesso, appare un futuro lontano invece è proprio dietro l’angolo”. Una trasformazione tecnologica attesa non solo dai cittadini: secondo una ricerca di Deloitte, il 92% dei sistemi sanitari confida che grazie alle nuove tecnologie sarà possibile offrire un miglior patient journey, mentre per il 56% sarà possibile aumentare la qualità dell’assistenza e delle cure cliniche per il paziente. Una cosa appare chiara: la gran parte degli investimenti digitali previsti vanno nella direzione di creare una nuova cultura sanitaria digitale a misura di paziente.