Fabrizio Vallari
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AquaFarm, dalla sessione istituzionale un esplicito appoggio all’acquacoltura italiana
Si è aperta con una sessione istituzionale molto partecipata la prima giornata di AquaFarm, l’unica manifestazione internazionale in Italia dedicata all’acquacoltura e all’industria della pesca sostenibile, presso il quartiere fieristico di Pordenone.
Dagli interventi di spicco delle organizzazione mondiali ed europee è venuto un appoggio esplicito alle politiche e alle strategie nazionali di indirizzo e sostegno all’allevamento di specie ittiche e molluschi, sia a livello di istituzioni nazionale e regionali che della filiera della produzione. Audun Lem, vicedirettore della divisione pesca e acquacoltura della FAO, ha segnalato come la produzione da acquacoltura del bacino del Mediterraneo abbia superato ormai le 3 milioni di tonnellate, rinnovando una tradizione che da sempre vede lo sviluppo dell’economia delle specie animali d’acqua salta e dolce legata al benessere e alla prosperità delle popolazioni rivierasche e dell’interno. Per questo la FAO, attraverso la Commissione della Pesca del Mediterraneo e con la collaborazione delle autorità nazionali e le associazioni di settore annovera tra i propri progetti diverse iniziative legate al Mediterraneo, alcune delle quali operative per lunghe estensioni temporali, come il Progetto AdriMed che quest’anno gira la boa dei 25 anni.
Da una prospettiva europea Charlina Vitcheva, direttore generale degli Affari Marittimi e della Pesca della Commissione Europea, ha ricordato che i programmi della UE come FarmToFork ripongono nell’acquacoltura un ruolo primario per rendere sostenibile l’approvvigionamento di cibo sano, buono e sicuro per i cittadini dell’Unione. La UE investe molta attenzione e risorse economiche per rendere l’acquacoltura resiliente di fronte ai cambiamenti climatici, oltre che per migliorarne la sostenibilità ambientale, promuovendo la decarbonizzazione riducendo l’uso dei carburanti fossili nell’operatività degli allevamenti. Al centro dell’attenzione UE è anche la sostenibilità socioeconomica dell’acquacoltura, promuovendo sia l’autoproduzione energetica che la rimozione dei maggiori ostacoli che in tutta Europa frenano lo sviluppo del settore: la durata degli iter autorizzativi e la complessità degli adempimenti normativi da una parte, l’accesso alle aree acquatiche dall’altra. Spesso infatti gli allevamenti si trovano a ntrare in concorrenza con altri settori, come quello agricolo, la pesca e il turismo. La UE incoraggia una collaborazione e coestìistenza, con strumenti come le Zone Vocate all’Acquacoltura (AZA).
Francesco Lollobrigida, ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, da parte sua ha ribadito l’impegno del Governo e del Ministero a favore delle caratteristiche peculiari dell’economia italiana legata alle specie acquatiche. Qualità, sicurezza, legame con la tradizione ed il territorio, stretta integrazione con la cultura del cibo rappresentata dalla dieta mediterranea sono tutti punti forti dell’acquacoltura e della pesca nel nostro Paese, che ci caratterizzano in Europa e nel Mondo. Il Governo ed il Ministero basano la propria azione sulla difesa di questi valori, sia con interventi diretti che con un’azione di informazione e convincimento nei confronti dell’Unione Europea, che a volte li inquadra in categorie astratte di sostenibilità che mettono in pericolo la sostenibilità socio-economica di chi lavora nei settori.
Dopo questi interventi, Taguy Chever, consulente di EUMOFA, l’Osservatorio europeo di mercato sull’acquacoltura e sulle pesca, ha fornito una panoramica sull’acquacoltura biologica nei Paesi dell’Unione a 27, da cui emerge che l’adesione dei consumatori al biologico per quanto riguarda le specie ittiche è in stallo se non in regresso. Nonostante la domanda e la consapevolezza verso il biologico sia robusta in Europa, l’aumento dei prezzi portato dall’inflazione sta avendo un impatto sulla domanda di prodotti ad alto prezzo. Inoltre il potenziale pubblico del pesce da allevamento biologico è confuso da un’informazione insufficiente e non chiara e spesso indirizzata a spingere verso succedanei vegetali, visti come schemi sostenibili equivalenti. Lo stesso avviene dal punto di vista della produzione. A parte i costi più elevati, alcuni metodi ad alta sostenibilità per l’allevamento come i sistemi a ricircolo e la policoltura non sono ammessi dai regolamenti europei del biologico. Maggior crescita si riscontra invece in molluschicoltura, ma bisogna ricordare che in pratica la classificazione biologica per queste specie si basa solo sulla qualità dell’acqua e i costi aggiuntivi sono rispetto al non-biologico sono trascurabili. Queste realtà si scontrano con gli auspici della già ricordata strategia FarmToFork per una maggior percentuale di acquacoltura biologica, tant’è che i tentativi di quantificazione degli obiettivi al 2030 nei documenti ufficiali UE oscillano dal 3 al 25%, quando già nel 2020 il 4,8% dei pesci d’allevamento era biologico.
Dopo la presentazione dello studio la sessione si è chiusa con una tavola rotonda su Acquacoltura tra cambiamenti climatici e sostenibilità cui hanno partecipato Emilia Gorgallo Gonzalez, della direzione generale degli affari marittimi e della pesca della Commissione Europea, Pierantonio Salvador, presidente di API ed Eraldo Rambaldi, direttore di AMA. Quest’ultimo ha confermato che una serie di fattori, dalla proliferazione del granchio blu all’eutrofizzazione delle acque fino alle modifiche del bilancio di nutrimenti presenti nell’acqua nell’anno appena passato hanno provocato una riduzione del 50-60% della produzione di vongole. Di fronte a numeri come questi, i ristori sono necessari ma per andare oltre l’emergenza è necessario un cambio di strategia. Posizione condivisa da Salvador, che ha ricordato che è necessaria una condivisione di responsabilità tra aziende, istituzioni italiane ed europee per consentire all’acquacoltura, un settore strategico, di esprimere il suo pieno potenziale e continuare a farlo anche di fronte alle sfide dai cambiamenti ambientali. È necessario garantire all’acquacoltura l’accesso all’acqua in via prioritaria, risolvendo i blocchi burocratici che stanno spingendo il settore nella stagnazione della crescita a livello europeo. Soprattutto, occorre investire ui giovani e sulle innovazioni, valorizzando al massimo le risorse pubbliche, che sono servite e servono nell’emergenza ma hanno come obiettivo un’acquacoltura al passo con le richieste che le vengono fatte.