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News A cura di: Domenico Canzoniero

Rider come lavoratori subordinati: la Cassazione ridisegna il food delivery

La sentenza n. 28772/2025 segna un punto di svolta per la gig economy del retail alimentare: l'etero-organizzazione algoritmica configura rapporto di lavoro dipendente. Le piattaforme dovranno rivedere modelli operativi e strutture di costo, mentre si apre una riflessione più ampia sul ruolo della sostenibilità sociale nelle strategie di sviluppo del commercio digitale.


Quando l'algoritmo diventa datore di lavoro

Il confine tra autonomia e subordinazione nel lavoro digitale ha trovato un nuovo perimetro giuridico. Con la sentenza n. 28772/2025, depositata il 31 ottobre, la Corte di Cassazione ha confermato integralmente la decisione della Corte d'appello di Torino, stabilendo che i rider del food delivery devono essere inquadrati come collaboratori etero-organizzati, con conseguente applicazione delle tutele proprie del lavoro subordinato.

Non si tratta di una pronuncia isolata: la Suprema Corte ribadisce un orientamento già delineato con la sentenza n. 1633/2020, ma questa volta con un'analisi ancora più penetrante del rapporto tra tecnologia, organizzazione del lavoro e diritti. Al centro della decisione, l'articolo 2 del decreto legislativo 81/2015, che introduce un meccanismo definito "rimediale": quando una collaborazione è continuativa, prevalentemente personale e organizzata dal committente, si applicano le norme del lavoro subordinato, indipendentemente dalla forma contrattuale adottata.

La sostanza prevale sulla forma contrattuale

L'azienda di consegne coinvolta nel ricorso aveva tentato di difendere la qualificazione autonoma del rapporto sostenendo che l'uso della bicicletta di proprietà dei rider fosse elemento distintivo del lavoro autonomo. La Cassazione ha respinto questa argomentazione con decisione, ritenendola irrilevante: la disponibilità del mezzo non incide sulla qualificazione del rapporto quando il potere organizzativo appartiene al committente.

I giudici hanno analizzato tre elementi fondamentali:

Continuità della prestazione: La Corte d'appello, confermata dalla Cassazione, ha riconosciuto la natura continuativa non sulla base della media mensile dei turni effettivamente svolti, ma anche di quelli opzionati dal lavoratore. Il fatto che l'azienda potesse riassegnare la consegna a un rider diverso da quello prenotato dimostra l'esistenza di un rapporto costante, reiterato nel tempo.

Prevalenza del carattere personale: Il carattere personale della prestazione viene meno solo se il lavoratore può delegare ad altri l'esecuzione della consegna, eventualità esplicitamente esclusa nei contratti dei rider analizzati.

Etero-organizzazione algoritmica: Questo rappresenta il cuore della pronuncia. La società utilizzava un algoritmo per assegnare le consegne, fissando tempi di esecuzione rigidi: ogni ordine doveva essere completato entro 30 minuti. Chi non rispettava questa tempistica andava incontro a penalizzazioni o riduzione delle future opportunità di lavoro. Secondo la Cassazione, questo meccanismo dimostra in modo evidente il controllo esercitato dall'azienda sulle modalità operative, configurando un vero e proprio potere direttivo.

Impatti economici e riorganizzazione dei modelli di business

Le conseguenze di questa sentenza si riflettono immediatamente sulla struttura dei costi delle piattaforme di delivery. L'inquadramento come lavoro subordinato comporta:

  • Contributi previdenziali e assistenziali a carico dell'azienda
  • Tutele in caso di malattia, infortunio e maternità
  • Diritto alle ferie retribuite e al TFR
  • Applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro
  • Coperture assicurative obbligatorie

Secondo analisti del settore, il passaggio da contratti di collaborazione autonoma a inquadramenti subordinati potrebbe aumentare il costo del lavoro anche del 30-40%, considerando contributi a carico dell'azienda, TFR, ferie retribuite e tutele aggiuntive, con ripercussioni dirette sui margini operativi di aziende che hanno costruito i propri modelli economici sulla flessibilità estrema e sui costi variabili.

Le piattaforme si trovano ora di fronte a tre opzioni strategiche: rivedere integralmente i modelli operativi adeguandosi alla sentenza, trasferire parte dei maggiori costi sui prezzi finali rischiando perdita di competitività, oppure ripensare le modalità organizzative per mantenere un'effettiva autonomia dei collaboratori.

La sostenibilità sociale come fattore competitivo

Questa pronuncia si inserisce in un contesto più ampio di attenzione crescente verso la dimensione sociale della sostenibilità nel retail. Il pilastro "S" degli indicatori ESG (Environmental, Social, Governance) sta acquisendo un peso sempre maggiore nelle valutazioni degli investitori e nelle strategie aziendali.

Le aziende del settore retail e food delivery che hanno già avviato percorsi di regolarizzazione dei rapporti di lavoro potrebbero ora beneficiare di un vantaggio reputazionale significativo. La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), che impone rendicontazione dettagliata sugli impatti sociali, rende sempre più trasparenti le condizioni di lavoro lungo tutta la catena del valore.

Il costo del lavoro dignitoso non è più un'opzione etica facoltativa, ma un requisito normativo e un indicatore di solidità aziendale nel lungo periodo. Le aziende che hanno anticipato questa evoluzione, investendo in tutele e stabilità contrattuale, si trovano oggi in una posizione competitiva più solida rispetto a chi ha puntato esclusivamente sulla compressione dei costi del lavoro.

Tecnologia e diritto: un equilibrio necessario

La sentenza della Cassazione evidenzia come il diritto debba evolversi per governare le trasformazioni tecnologiche, impedendo che l'innovazione diventi strumento di elusione delle tutele fondamentali. L'algoritmo che assegna consegne e penalizza i ritardi è stato riconosciuto come manifestazione di potere direttivo, al pari delle direttive impartite da un responsabile in carne e ossa.

Questa lettura giuridica ha implicazioni che vanno oltre il food delivery: interessa tutte le piattaforme digitali che organizzano lavoro umano attraverso sistemi automatizzati. La gig economy, nel suo complesso, dovrà confrontarsi con questo principio: quando l'organizzazione è eterodiretta, anche se mediata da un software, le tutele del lavoro subordinato devono applicarsi.

Prospettive per un retail che si prende cura

La pronuncia della Cassazione rappresenta un'opportunità per ripensare il modello di sviluppo del commercio digitale alimentare. Prendersi cura delle persone che rendono possibile il servizio non è solo un imperativo etico, ma una condizione per costruire sistemi economici resilienti e sostenibili nel tempo.

Le aziende che sapranno integrare tutele del lavoro dignitoso, efficienza operativa e sostenibilità economica potranno emergere come leader di un nuovo paradigma del retail digitale, dove l'innovazione tecnologica convive con il rispetto dei diritti fondamentali. La sfida è complessa, ma necessaria: la convenienza per i consumatori non può costruirsi sulla precarietà di chi lavora, pena la creazione di sistemi fragili e socialmente insostenibili.

La sentenza ci ricorda che il progresso tecnologico richiede un ancoraggio ai principi dell'ordinamento giuridico, che sono la base della civile convivenza e della tutela delle parti deboli nei rapporti contrattuali. In un momento storico in cui si moltiplicano gli attacchi allo stato di diritto e il disprezzo per regole e istituzioni, questa pronuncia dimostra quanto il diritto sia strumento indispensabile per disegnare la società che vogliamo, arginando le derive di un'innovazione che, lasciata a sé stessa, rischia di amplificare disuguaglianze e precarietà.